Questo saggio ha come ambizione l’analisi del racconto “Le storie del castello di Trezza”. Come strumento d’analisi sarano d’aiuto una breve introduzione alla vita e alle opere dell’autore. Da qui l’atipicità del racconto in esame verrà spiegata sulla base di un discorso lungo: perché Verga deve essere comunque considerato dall’altezza del passaggio verista, almeno per cogliere i progressi e le trasformazioni che hanno interessato il suo stile e la sua mentalità.
In seguito sarà spiegato da un punto di vista teoretico e quindi generale il fantastico. Poi, dopo aver considerato la trama da un punto di vista strutturale, passiamo all’analisi dei vari elementi del racconto: situazioni, personaggi, linguaggi, corrispondenze, e all’applicazione degli strumenti che abbiamo studiato nell’individuazione dei tipi di fantastico.
E infine una conclusione riassuntiva dei problemi e dei risultati che l’analisi ha evidenziato.
Inhaltsverzeichnis
1 Introduzione
2 Le storie del castello di Trezza
2.1 Tra romanticismo e verismo: l´autore
2.1.1 Verismo
2.1.2 b) Il fantastico
2.2 La trama
2.2.1 La leggenda della sfortuna Violante
2.2.2 La doppia storia
2.3 Analisi letteraria
2.4 Analisi fantastica
2.4.1 Momenti e parole fantastiche
2.4.2 Personaggio chiave “Isabella”
2.4.3 Fantastico Puro
3 Conclusione
4 Bibliografia
1 Introduzione
Questo saggio ha come ambizione l’analisi del racconto “Le storie del castello di Trezza”. Come strumento d’analisi sarano d’aiuto una breve introduzione alla vita e alle opere dell’autore. Da qui l’atipicità del racconto in esame verrà spiegata sulla base di un discorso lungo: perché Verga deve essere comunque considerato dall’altezza del passaggio verista, almeno per cogliere i progressi e le trasformazioni che hanno interessato il suo stile e la sua mentalità.
In seguito sarà spiegato da un punto di vista teoretico e quindi generale il fantastico. Poi, dopo aver considerato la trama da un punto di vista strutturale, passiamo all’analisi dei vari elementi del racconto: situazioni, personaggi, linguaggi, corrispondenze, e all’applicazione degli strumenti che abbiamo studiato nell’individuazione dei tipi di fantastico.
E infine una conclusione riassuntiva dei problemi e dei risultati che l’analisi ha evidenziato.
2 Le storie del castello di Trezza
2.1 Tra romanticismo e verismo: l´autore
Una constatazione: il Verga di “Le storie del castello di Trezza” (1875) è ancora, immaturamente, un Verga imitatore, ancora lontano dalle prove della piena maturità verista. Qui infatti l’autore rivela ancora una forte consonanza coi temi romantici per eccellenza, magari riproposti in chiave scapigliata. Amori tragici e disperati, storie di passione e mistero, figure femminili altere e nobili. In questa fase la scrittura di Verga non ha ancora affrontato ciò che del verismo sarà una costante, ovvero la disposizione sociale: l’indagine viva condotta sulla società più umile, quella più resistente alle ideologie di progresso di impronta risorgimentale. Sono gli anni in cui Verga dà alle stampe titoli quali “Una peccatrice” (1866), ma anche “Storia di una capinera”, “Eva”, “Tigre reale”, “Eros”, lavori improntati a un tardo romanticismo di maniera. Ed è sulla scia di queste opere e di questo momento storico che trovano posto “Le storie del castello di Trezza”. La distanza tra questo Verga, attratto da tematiche misteriose e sublimi, e quello più impegnato sul versante sociale, il Verga Verista, è evidente se si considera il luogo in cui Le storie sono ambientate: Aci Trezza, lo stesso luogo in cui più tardi ambienterà molte delle sue storie “povere”, nelle quali hanno valore le condizioni dei pescatori, la loro povertà; storie ben lontane dalla buona società romantica e quindi imborghesita, tanto quanto dalle passioni archeologiche del Castello.
Sicuramente la piena maturità lo scrittore la conquista col suo capolavoro, scritto nel 1881, ovvero successivo al nostro racconto: il romanzo “I Malavoglia”, che è anche una messa in opera di contenuti e tecniche di scrittura “veristiche”. Ed è questo il Verga campione di una nuova maniera di guardare il mondo come in presa diretta, senza finzione, senza indulgenza, anche crudemente se serve per testimoniare la realtà sociale. (vedi Borghi)
Per poter discutere ed analizzare meglio questo racconto così atipico per chi conosce soltanto il celebratissimo Verga verista è credo necessaria una breve parentesi sul “Verismo”: solo così si potrà cogliere la grande distanza tra una prima maniera, ancora percorsa da esigenze fantastiche e immaginifiche, e una seconda maniera di misura verista nella quale non ci sarà più spazio per simili tematiche.
2.1.1 Verismo
Il Verismo è una corrente letteraria italiana nata all´incirca tra il 1875 e 1895 ad opera di un gruppo di scrittori (narratori e commediografi) che fondarono questa “scuola” ricorrendo a metodi e principi rigorosi: l’esigenza di obiettività, la ricerca di tematiche sociali, l’utilizzo di strumenti di analisi e interpretazione del reale tratti dalle scienze positive. Nella letteratura fu collegata al Naturalismo francese (Guy de Maupassant, Honoré de Balzac), ma risente anche dell´influsso del Realismo inglese (Dickens) e russo (Lev Tolstoj e Fjiodor Dostoevskij).
Ma cosa significa il Verismo per il lettore? La risposta potrebbe proporsi così: Il Verismo realizza un´arte improntata ad un forte legame col vero, capace di guardare la realtà senza gli infingimenti del bello stile, o le inarrivabili tematiche del romanticismo.
Dunque il Verismo è una scrittura “povera”, che cerca di rappresentare il mondo cosi com’è. Quindi senza abbellirlo, quando il mondo è brutto, senza arrichirlo quando il mondo è povero, senza nobilitarlo quando il mondo è meschino. La parola stessa spiega bene l´interesse di questa corrente letteraria: la verità delle cose che vengono raccontate e rappresentate, ergo vite vere osservate nella loro quotidiantià (e cosi forse anche vite ridicole o umili, personaggi deboli, comuni o sfruttati), come se volesse farne una fotografia – obiettiva, senza distorcere la verità. Cosi il Verismo è molto diverso dal Romanticismo che tendeva a rappresentare vite sublimi, eroiche e dal tragico destino.
Alla data in cui Verga scrive il racconto “Le storie del castello di Trezza” il Romanticismo stava diventando “out” e stava per essere sostituito dal Verismo (che in Germania conosciamo meglio come Realismo). Ed è forse in questa realtà che dobbiamo cercare la spiegazione perché questo racconto non ha nulla a che vedere con il Verga a noi noto. (vedi Enciclopedia Garzanti)
2.1.2 b) Il fantastico
Chiamamo fantastico tutto ciò che di straordinario, inspiegabile e incomprensibile può accadere nel corso di una vita normale e prevedibile. Il fantastico ha quindi bisogno per esistere di questo sfondo di prevedibilità e normalità, senza il quale non sarebbe possibile percepire la sua carica straniante, e perturbante.
Citando Todorov a proposito della apparente normalità del mondo nel quale si insinua l’evento fantastico: “In un mondo che è sicuramente il nostro, quello che conosciamo, senza diavoli, né silfidi, né vampiri, si verifica un avvenimento che, appunto, non si può spiegare con le leggi del mondo che ci è famigliare. Colui che percepisce l’avvenimento deve optare per una delle due soluzioni possibili: o si tratta di un’illusione dei sensi, di un prodotto dell’immaginazione, e in tal caso le leggi del mondo rimangono quelle che sono, oppure l’avvenimento è realmente accaduto, è parte integrante della realtà, ma allora questa realtà è governata da leggi a noi ignote” (pag. 28).
Molto spesso l’episodio perturbante e inspiegabile, cioè fantastico, viene spiegato ricorrendo a teorie scientifiche, meccanicistiche che ben convivono con l’atteggiamento positivistico del secolo XIX. Si parlerà spesso, per spiegare l’episodio fantastico, di stati di percezione-coscienza alterati, di forme di magnetismo, o proprietà della materia ancora sconosciute alla scienza: è all’interno di questi casi che riguardano la sfera razionale, che il fantastico tenta di essere abbattuto (annullato e congelato). E tuttavia il suo fascino sgradevole e perturbante ottiene straordinaria considerazione proprio da questi impacciati tentativi della ragione scientifica e positivista che non sarà in grado di accoglierlo nelle sue categorie scientifiche di conosciuto e di interpretato.
2.2 La trama
Per poter spiegare nel miglior modo possibile il racconto “Le storie del Castello di Trezza” è importante dividere la narrazione in due blocchi: a) La leggenda della sfortuna Violante e b) La doppia storia. Perché di fatto in questo caso si tratta davvero di una storia speculare e riflessa che fa sì che la storia di Violante venga incorniciata dalla storia di Matilde. Ma siccome ci sono cosi tante somiglianze tra le due storie, forse è anche una storia che parla di se stessa e non meraviglia che il finale sia quasi identico.
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- Stefania Corbatto (Autor), 2006, Giovanni Verga - Le storie del castello di Trezza, Múnich, GRIN Verlag, https://www.grin.com/document/75210
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