In questo lavoro verrà discussa la questione della natura delle ombre nell’Inferno1di Dante Alighieri. A tal proposito sono stati scelti diversi passi dell’Inferno e alcuni delPurgatorio2che affermerebbero da un lato la saldezza e dall’altro la vanità delle ombre nell’oltremondo dantesco, dando così origine a contraddizioni all’interno dell‘opera e al dibattitto tra i diversi studiosi dellaDivina Commediasulla vera natura delle ombre. L’attenzione maggiore sarà comunque concentrata sulle ombre dell’Inferno. Si partirà da una presentazione dei diversi significati che il termine „ombra“ assume nellaDivina Commedia,per giungere alla teoria della generazione dell’anima, espressa da Stazio nel XXV. canto delPurgatorioche afferma l’immaterialità delle anime nell’aldilà. Verranno poi contrapposti i casi in cui l’autore si sarebbe contraddetto ed elencate le situazioni in cui Dante direttamente e indirettamente ha affermato l’immaterialità delle ombre e quelle in cui le ha descritte come esseri saldi e reali. Verranno quindi riportate le più rilevanti e contrastanti posizioni di dantisti, suddivisi in chi afferma la saldezza e chi la vanità delle ombre. Tra le due teorie verrà poi presentata una terza via di Sacchi, basata soprattutto sul confronto tra il viaggio nell‘aldilà di Dante e quello negli Inferi di Enea narrato da Virgilio nell’Eneide. Infine si cercherà di capire le ragioni delle contraddizioni presenti nella questione delle ombre e se vermanente si tratta di una distrazione o addirittura di un errore di Dante, come viene sostenuto da diversi commentatori. Verrà quindi proposta una soluzione che si basa soprattutto sulla riflessione dello Scarano3e che difende le scelte artistische dell’autore nel dare maggiore consistenza ai suoi personaggi senza andare contro le sue teorie, eliminando le contraddizioni presenti nellaDivina Commedia.
Indice
1 Introduzione
2 I significati di ‘ombra’
3 L’origine dell’anima
4 Le contraddizioni dantesche
5 La questione dell‘ombra
6 La vanità delle ombre
7 La saldezza delle ombre
8 La terza via: la visione di Dante
9 Conclusione: la saldezza dell‘arte
Indice bibliografico
1 Introduzione
In questo lavoro verrà discussa la questione della natura delle ombre nell’ Inferno1 di Dante Alighieri. A tal proposito sono stati scelti diversi passi dell’ Inferno e alcuni del Purgatorio2 che affermerebbero da un lato la saldezza e dall’altro la vanità delle ombre nell’oltremondo dantesco, dando così origine a contraddizioni all’interno dell‘opera e al dibattitto tra i diversi studiosi della Divina Commedia sulla vera natura delle ombre. L’attenzione maggiore sarà comunque concentrata sulle ombre dell’ Inferno.
Si partirà da una presentazione dei diversi significati che il termine „ombra“ assume nella Divina Commedia, per giungere alla teoria della generazione dell’anima, espressa da Stazio nel XXV. canto del Purgatorio che afferma l’immaterialità delle anime nell’aldilà. Verranno poi contrapposti i casi in cui l’autore si sarebbe contraddetto ed elencate le situazioni in cui Dante direttamente e indirettamente ha affermato l’immaterialità delle ombre e quelle in cui le ha descritte come esseri saldi e reali.
Verranno quindi riportate le più rilevanti e contrastanti posizioni di dantisti, suddivisi in chi afferma la saldezza e chi la vanità delle ombre. Tra le due teorie verrà poi presentata una terza via di Sacchi, basata soprattutto sul confronto tra il viaggio nell‘aldilà di Dante e quello negli Inferi di Enea narrato da Virgilio nell’ Eneide.
Infine si cercherà di capire le ragioni delle contraddizioni presenti nella questione delle ombre e se vermanente si tratta di una distrazione o addirittura di un errore di Dante, come viene sostenuto da diversi commentatori. Verrà quindi proposta una soluzione che si basa soprattutto sulla riflessione dello Scarano3 e che difende le scelte artistische dell’autore nel dare maggiore consistenza ai suoi personaggi senza andare contro le sue teorie, eliminando le contraddizioni presenti nella Divina Commedia.
2 I significati di “ombra”
Da un punto di vista lessicale il vocabolo „ombra“ assume significati diversi all’interno della Divina Commedia. E‘ innazittutto caratterizzato da una estrema complessità fonetica che non permette una facile ripetibilità con altri vocaboli, e le poche volte in cui è presente in rima lo si trova con derivati ( ad es. adombra, sgombra e disgombra) o con se stesso.
Il concetto dell‘ombra costituisce comunque uno dei punti cardini intorno al quale Dante ha ideato la creazione del suo oltremondo. L’Enciclopedia Dantesca4 elenca soprattutto tre significati a cui il termini viene associato.
L’ombra può in primo luogo rappresentare la mancanza di luce diretta e pertanto viene fondamentalmente contrapposta alla luce del sole e della luna.
Più spesso il vocabolo viene usato per indicare una forma proiettata da un corpo, sia esso animanto o inanimato. Abbiamo ad es. l’ombra dei corpi celesti, dei colli, della montagna del purgatorio e soprattutto l'ombra proiettata dal corpo umano, come quella di Dante che desta stupore agli occhi delle anime purganti. L’assenza dell’ombra di Virgilio fa invece temere al poeta di essere stato abbandonato dalla sua guida.
Nella terza serie di occorrenze per „ombra“ si intende la parvenza corporea attribuita da Dante alle anime dell’oltremondo. L‘attenzione sarà concentrata soprattutto su quest’ultimo significato dell’ombra e si cercherà di capire la natura e la consistenza delle anime dell’oltremondo, il modo in cui appaiono a Dante, come interagiscono tra di loro e con il mondo che li circonda. Il termine di „ombra“ va a combaciare con quello dell‘anima, in quanto l’ombra rappresenta la forma con la quale le anime si presentano a Dante.
3 L’origine dell‘anima
Sull’origine, consistenza e sul destino dell’anima nell’oltremondo sembra dare una spiegazione autorevole la figura di Stazio nel XXV. canto del Purgatorio. Secondo questa teoria, di influenza aristotelica e che Dante esprime attraverso le parole di Stazio, durante la concezione di un essere umano la virtù attiva del seme paterno opera nel sangue materno, dando consistenza e forma alla materia. Viene a costituirsi prima l’anima vegetativa e in seguito quella sensitiva.
Al feto, raggiunta la perfezione organica, Dio, ossia „lo motor primo“ (v. 70), vi infonde uno spirito, vale a dire l’anima razionale che a sua volta contiene e sviluppa nel corso della sua esistenza terrena le tre attività di memoria, intelligenza e volontà. L’anima umana è quindi costituita da uno spirito di origine divina e contiene le virtù sensitive (anima vegetativa e sensitiva). Aristotelicamente parlando, nella sostanza l’anima è una e nella potenza è trina (vegetativa, sensitiva e razionale).
Alla morte dell’uomo l’anima conserva e porta con sé nell’aldilà le sue tre parti. Mentre, però, le facoltà razionali (memoria, intelligenza e volontà) sono in atto e dotate di maggiore potenza, poiché sciolte da ogni legame terreno e corporeo, le facoltà inferiori (vegetative e sensitive) sono ridimensionate, poiché private degli organi che necessitano per potersi atttuare. Quindi le facoltà inferiori rimangno presenti nell‘aldilà, ma quelle razionali sono elevate alla massima potenza.
Quest’anima, ampliata nelle facoltà razionali e ridimensionata nelle qualità sensitive, giunge sulle rive dei due fiumi per imbarcarsi verso la propria destinazione definitiva. Questi fiumi sono l’Acheronte per i dannati (destinati all’inferno) e il Tevere per le anime purganti e beate (rispettivamente destinate al purgatorio e al paradiso).
La forma dello spirito si ottiene grazie alla virtù formativa dell’anima che irradia l’aria circostante, imprimendo ad essa una forma simile a quella dell’individuo sulla terra. Sacchi riassume la teoria di Stazio, dicendo „che le ombre del Purgatorio e dell’Inferno, altro non sono che aria atteggiata alle espressioni di un sentimento, lieto o doloroso“5. Con ciò egli si basa direttamente sulle parole di Stazio:
Secondo che ci affliggon li disiri
e li altri affetti, l’ombra si figura;
(Purg., XXV, v. 106-107).
E‘ un procedimento simile al fenomeno dell’aria piovosa che rinfrange i raggi del sole, facendo comparire i colori dell’arcobaleno. Avviene così un processo formativo simile a quello della concezione, con la differenza che il materiale a disposizione non è più il corpo umano, ma l’aria, ossia una materia diafana, attraverso la quale l’anima può mostrarsi, parlare, patire e gioire e attraverso la quale la luce del luce può passare senza buttare un’ombra. Ciò diviene motivo di stupore da parte di Dante che non vede l’ombra di Virgilio vicino a sé, temendo di essere stato abbandonato dalla sua guida. Ovviamente questo poteva avvenire solamente sulla montagna del purgatorio, dato che nelle tenebri dell’inferno non si poteva creare un’ombra per la mancanza di luce. Virgilio a sua volta coglie l’occasione dello stupore di Dante per spiegargli che lui non ha un corpo e che quest‘ultimo si trova a Napoli, abbozzando una prima teoria sull’incorporeità dell‘anima che anticipa quella più articolata di Stazio.
Ciò che si viene a creare non è quindi un corpo reale, ma una parvenza di corpo che riproduce fedelmente i tratti del corpo terreno, e quindi si può parlare di un’ombra per la sua forma indefinita che è percettibile e visibile, ma immateriale e intangibile.
Dante si ricollega alle teorie dei padri della Chiesa6 come S. Tommaso, il quale elaborò in un’ottica cristiana le teorie dell’anima di Aristotele, attribuiendo all’anima una forma simile al corpo terreno, ma costituito di materiale più tenue e leggiero e S. Agostino, soprattutto per quanto riguarda la difesa dell’individualità ed immortalità dell’anima.
4 Le contraddizioni dantesche
Dinazi a una teoria dell’anima che afferma l’immaterialità e che nega al contempo la corporeità delle ombre, rimane da chiedersi come mai Dante riesca a vedere le ombre e ad interagire con loro come se fossero persone salde. Questo fenomeno avviene soprattutto in diversi episodi dell’ Inferno, dove le ombre non sembrano costituite di aria, ma di carne ed ossa, dove sembrano essere corpi vivi e non ombre di morti. Per citarne uno, ecco l’episodio del pugno dato da Sinone a mastro Adamo, il cui duro ventre sembra suonare come un tamburo sotto l’impatto:
E l’un di lor, che si recò a noia
forse d’esser nomato sì oscuro,
col pugno li percosse l’epa croia.
Quella sonò come fosse un tamburo;
(Inf., XXX, v. 100-103).
Altri episodi che sembrano testimoniare la saldezza delle ombre verranno citati e commentati nel corso del lavoro. Mentre, infatti, Dante ci presenta le anime come qualcosa di sciolto dai legami corporei, molti commentatori hanno notato come egli abbia „materializzato ciò che per sua natura è incorporeo“ e „ affermato incorporeo ciò che egli ha materializzato“ (Sacchi 1898: 337). Si riconosce quindi una fondamentale contraddizione tra la teoria di Stazio nel XXV. canto del Purgatorio e il modo in cui questa è stata applicata nel corso del viaggio dantesco fino al quel punto. Graf7 e Finzi8 elencano alcune di queste contraddizioni nette, a cui sono state aggiunte altre.
Si può confrontare ad es. la vanità della barca di Flegiàs che „parve carca“(Inf., VIII, v. 27) solamente quando, dopo Virgilio e il nocchiere, vi entra anche Dante e le imposanti membra di Lucifero, sulle quali Virglio sale, aggrappandosi „al pel com’om che sale“ (Inf., XXXIV, v. 80), la vanità dei golosi nel terzo cerchio dell’ Inferno con la testa del traditore Bocca degli Abati che viene accidentalmente percossa dal passaggio di Dante:
se voler fu o destino o fortuna,
non so; ma, passeggiando tra le teste,
forte percossi ‘l piè nel viso ad una.
(Inf., XXXII, v. 76-78).
Può essere contrapposta la sostanziale vanità di Virgilio che non proietta un’ombra a causa della sua immaterialità alla sua facoltà di guidare per mano Dante verso Farinata („E l’animose man del duca e pronte/ mi pinser tra le sepulture a lui“, Inf., X, v. 37-38) e alle sue mani che coprono la vista di Dante di fronte alla Medusa:
[...]
1 Alighieri, Dante, Inferno, vol. I, Bologna, 1998.
2 Alighieri, Dante, Purgatorio, vol. II, Bologna, 1998.
3 Scarano, Nicola, Saggi Danteschi, Livorno, 1970, pagg. 119-123.
4 Enciclopedia Dantesca, Istituto della Enciclopedia Italiana Giovanni Treccani, vol. IV, Roma, 1973, pagg. 141-145.
5 Sacchi, E., „Realtà o apparenze? Commenti al 25. canto del ,Purgatorio‘ “, in: Giornale Dantesco, vol. I, ed. Olschki, Leo S., Firenze, 1898, pag. 339.
6 Busnelli, G., „Ombre e luci animate nella ,Divina Commedia‘ “, in: Civiltà Cattolica, vol. II, Roma, 1910, pagg. 36-51.
7 Graf, Arturo, Miti, leggende e superstizioni del Medio Evo: demonologia di Dante, Torino, 1983, pagg. 89-90.
8 Finzi, Giuseppe, Saggi danteschi: appendice al saggio sulla „Bufera infernale“, Torino, 1888, pagg. 48-52.
- Quote paper
- MA Antonio Sisto (Author), 2002, La questione dell'ombra nell'Inferno di Dante Alighieri, Munich, GRIN Verlag, https://www.grin.com/document/64815
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