All’interno del dibattito storiografico l’interesse per la formazione dell’identità nazionale acquisisce una forte rilevanza a partire dall’affermazione provocatoria di Renzo De Felice che propone di considerare la sconfitta del fascismo e la resa dell’8 settembre 1943 come la morte o l’abdicazione morale della nazione . Renzo De Felice, nell’identificare il fascismo con la nazione, respinge la tesi avanzata dai partiti nati dalla Resistenza di essere i rappresentanti della vera Italia e pone un chiaro quesito: chi può definire la vera Italia? A partire da questo interrogativo prende spunto un dibattito storiografico incentrato sull’identità nazionale che riconsidera come le rappresentazioni del Risorgimento abbiano influenzato la formazione di tale identità.....
Risorgimento e Controrisorgimento: una guerra civile?
Il movimento di resistenza filoestense a Massa, Carrara e Lunigiana durante la Seconda guerra d’Indipendenza tra identità locale e sanfedismo.
NICOLA GUERRA
All’interno del dibattito storiografico l’interesse per la formazione dell’identità nazionale acquisisce una forte rilevanza a partire dall’affermazione provocatoria di Renzo De Felice che propone di considerare la sconfitta del fascismo e la resa dell’8 settembre 1943 come la morte o l’abdicazione morale della nazione[1]. Renzo De Felice, nell’identificare il fascismo con la nazione, respinge la tesi avanzata dai partiti nati dalla Resistenza di essere i rappresentanti della vera Italia e pone un chiaro quesito: chi può definire la vera Italia ? A partire da questo interrogativo prende spunto un dibattito storiografico incentrato sull’identità nazionale che riconsidera come le rappresentazioni del Risorgimento abbiano influenzato la formazione di tale identità.[2]
Se da un lato i politici, dal 1861 in poi, si contendono l’eredità risorgimentale, dall’altro la ricerca storica si volge ad indagare la presunta incapacità dell’Italia a risorgere e, nel tentativo di rivalutare la mitologia dell’unificazione nazionale sullo sfondo del collasso dell’Italia liberale, emergono due versioni che, sebbene in conflitto tra loro, condividono la preoccupazione comune di spiegare l’evidente fallimento dell’Italia liberale nel tener fede alle aspirazioni e alle aspettative del Risorgimento[3]: l’una del filosofo idealista Benedetto Croce[4] e l’altra, divenuta di dominio pubblico nel 1949, dell’intellettuale marxista Antonio Gramsci[5].
Per Benedetto Croce il Risorgimento è la prova dei valori liberali di modernizzazione e della capacità dimostrata dall’elite liberale nel condurre l’Italia al processo di unificazione perché, secondo il filosofo liberale, è soltanto quando la rivoluzione liberale si fonde con quella nazionale che diviene possibile l’unificazione. Tale interpretazione porta Federico Chabod ad affermare che lo scopo principale che Benedetto Croce si prefigge, con la sua interpretazione storica, è quello di difendere le conquiste del liberalismo italiano[6], presentando i capi della Destra storica come uomini dal carattere nobile e generoso, come una aristocrazia spirituale artefice dell’unificazione italiana del 1860[7].
Antonio Gramsci analizza, invece, il Risorgimento come prodotto di una rivoluzione capitalistica incompleta e mancante nella quale una debole borghesia composta di proprietari terrieri, avvocati e dottori sigla il patto col diavolo, ossia con la monarchia piemontese che rappresenta la forza più reazionaria della società italiana ma anche l’unica a possedere un esercito da contrapporre all’Austria. Il pensatore marxista descrive il Risorgimento come una rivoluzione passiva incapace di fare propria la causa del malcontento dei contadini e quindi priva di base sociale ed impossibilitata, pertanto, a sfidare l’egemonia di Cavour che raccoglie in un blocco le classi più colte e quelle che detengono la proprietà.
Nel 1949 il noto storico inglese, Denis Mack Smith, pubblica Cavour and Garibaldi 1860[8] ed afferma che l’unificazione nazionale italiana è il prodotto di conflitto politico e di disunità più che la fraterna impresa celebrata dagli storici del diciannovesimo secolo. E’ importante, dunque, considerare la problematica della formazione dell’identità nazionale liberando la ricerca dalla mitologia dell’unificazione nazionale e studiando il conflitto politico e le disunità citate da Mack Smith.
Un fenomeno di recente interesse storiografico è, in linea con questo approccio, quello dei movimenti locali di opposizione al processo di unificazione nazionale. Se la storiografia ha, infatti, ormai accettato come nel Sud del Paese il processo di unificazione sia vissuto, da larghi strati della popolazione, come invasione ed occupazione di un potere straniero, fino ad assumere i tratti di una vera e propria guerra tra “italiani”, come dimostrano le operazioni contro i cosiddetti briganti, molto resta da studiare in proposito per quanto concerne il Centro e Nord dell’Italia.
In questo articolo si esamina il caso verificatosi nel territorio rispondente alla attuale provincia di Massa Carrara. Sebbene in questo studio non vi sia alcun intento antirisorgimentale, non si dimentica infatti che nel giorno 20 novembre 1859 alle ore 14,30 si tiene a Massa una tombola pubblica con lo scopo di raccogliere offerte per l’acquisto “di un milione” di fucili per Garibaldi[9] e che parte del popolo apuano e lunigianese è effettivamente animata da sentimenti unitari[10], ritengo tuttavia importante mostrare, aldilà dell’insurrezione filo-piemontese[11], che certamente vi sono rilevanti strati di popolazione che simpatizzano, parteggiano e decidono di mettere a repentaglio la propria vita in nome della Casa d’Asburgo-Este e di Sua Altezza Reale Francesco V. Vi sono sostenitori della causa estense che, apprezzando l’opera del duca Francesco V in termini di bonifiche e di sviluppo delle piantagioni di gelsi e dei vigneti[12], con conseguente miglioramento delle condizioni socioeconomiche della popolazione apuana e lunigianese, ricordano il detto: “Principini, palazzi e giardini; Principoni, fortezze e cannoni”[13]. Atteggiamento questo che riflette la preferenza di parte della popolazione per un Ducato di piccole dimensioni piuttosto che per uno stato nazionale che potrebbe vantare mire espansionistiche e condurre il popolo apuano alla guerra. Non bisogna infatti dimenticare che questo territorio gode da lungo tempo, 1452-1859, di una condizione politico amministrativa piuttosto autonoma[14].
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[1] Cfr. Renzo De Felice, Rosso e Nero, Baldini & Castoldi 1996.
[2] Norma Bouchard, Risorgimento in Modern Italian Culture: Revisiting the Nineteenth-century Past in History, Narrative and Cinema, Fairleigh Dickinson Univ Press 2005, pagg.42-43.
[3] Lucy Riall, Il Risorgimento. Storia e interpretazioni, Donzelli editore 1997, pagg. 35-37.
[4] Cfr. Benedetto Croce, Storia d'Italia dal 1871 al 1915, G. Laterza 1928.
[5] Cfr. Antonio Gramsci. Quaderni del carcere, Einaudi 1975.
[6] Federico Chabod, Croce storico in Rivista Storica Italiana, 64, 1952, pagg. 473-530.
[7] Lucy Riall, Il Risorgimento … Op. Cit., pag.36.
[8] Cfr. Denis Mack Smith, Cavour and Garibaldi 1860: a study in political conflict, Cambridge University Press, 1985.
[9] ASMs, Ispettorato di Pubblica Sicurezza in Massa, Atti 1859, b.5.
[10] Si tratta del “febbrile agitarsi dei patrioti in tutta Toscana, iscritti o no che fossero alla Società Nazionale presieduta da Giorgio Pallavicini” e della “onda di volontari accorrenti là dove sventola la bandiera d’Italia”. Cfr. Giovanni Cecconi, Il 27 Aprile 1859. Seconda edizione con aggiunta di notizie finora non divulgate, R. Bemporad & Figlio Librai-Editori 1909, pagg. 13-14.
[11] Era infatti previsto di provocare l’Austria a dichiarare guerra secondo la certezza del Cavour che, con le diverse difficoltà fatte sorgere, prima o poi sarebbe stata data la parola al cannone e “in mancanza di pretesti migliori, Garibaldi, d’accordo con Cavour e La Farina, avrebbe preso il comando di una banda insurrezionale, che per Massa e Carrara e la Garfagnana avrebbe dato fuoco alle polveri”. Cfr. Giovanni Cecconi, Il 27 Aprile 1859 … Op. Cit., pag. 49.
[12] Difesa del Duca di Modena contro le accuse del signor Gladstone tratta da documenti officiali ed altre fonti autentiche, preceduta da una introduzione, e corredata di note ed appendici, dal Marchese di Normanby Cavaliere della Giarrettiera, Prima versione italiana, Tipografia Emiliana MDCCCLXII, pag.71.
[13] Difesa del Duca di Modena … Op. Cit., pag.73.
[14] Nicola Guerra, Controrisorgimento. Il movimento filoestense apuano e lunigianese, Eclettica edizioni 2009, pagg. 13-18.
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- Nicola Guerra (Autor:in), 2009, Risorgimento e Controrisorgimento - Una guerra civile, München, GRIN Verlag, https://www.grin.com/document/195542
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