Introduzione
In questo breve lavoro, il nostro obiettivo sará analizzare i romanzi di Pirandello, considerando l’aspetto del grottesco, secondo la definizione che di esso diede il critico letterario Michael Bachtin. Per tanto, nella prima parte del nostro saggio, spiegheremo che cosa intende Bachtin con questo aggettivo e che ruolo svolge, secondo lui, questo elemento nella letteratura. Giá a questo punto, vogliamo precisare che Bachtin relaziona il grottesco con il Carnevale, sottolineando cosí il suo aspetto ironico e critico della societá. Per il critico russo, la caricatura, cosí tipica nella letteratura burlesca medievale, ha il compito di ironizzare sull’aspetto fisico e di produrre il riso nello spettatore. In questa maniera, d’altra parte, l’autore della caricatura cela coscientemente una critica piú profonda alla societá, la quale si rivela solo in seguito allo spettatore. Allo stesso modo, Pirandello si serve dell’esagerazione, per trasformare fisicamente i suoi personaggi, al punto da nascondere al lettore, in un primo momento, quei radicali cambiamenti psicologici che ognuno di essi ha compiuto e che saranno palesi solo in un secondo momento. L’esempio piú evidente di questo é rappresentato da Vitangelo Moscarda che, in maniera ossessiva, si sofferma sulla sua immagine riflessa, evitando cosí di definire chiaramente la propria pazzia.
La prima parte di questo lavoro si concentrerá, quindi, su Literatur und Karneval, il saggio di Bachtin, in cui si parla del grottesco. In seguito, analizzeremo i romanzi di Pirandello, cosí come furono pubblicati. In questo modo, tenteremo di seguire uno sviluppo nell’opera dell’autore, nella quale l’elemento grottesco assume una maggiore importanza, via via che il cambiamento interiore dei protagonisti si fa piú assoluto.
Indice
1.Introduzione
2. Literatur und Karneval
2.1 Corporalitá e grottesco ne Il Fu Mattia Pascal
2.2 La vita del grottesco: l’osservatore esterno
3. Corporalitá e grottesco in Uno, nessuno centomila
3.1 Il grottesco e la pazzia
4. La societá moderna: Serafino Gubbio
4.1 Il grottesco Serafino Gubbio
5. Conclusione
6. Bibliografia
1. Introduzione
In questo breve lavoro, il nostro obiettivo sará analizzare i romanzi di Pirandello, considerando l’aspetto del grottesco, secondo la definizione che di esso diede il critico letterario Michael Bachtin. Per tanto, nella prima parte del nostro saggio, spiegheremo che cosa intende Bachtin con questo aggettivo e che ruolo svolge, secondo lui, questo elemento nella letteratura.
Giá a questo punto, vogliamo precisare che Bachtin relaziona il grottesco con il Carnevale, sottolineando cosí il suo aspetto ironico e critico della societá. Per il critico russo, la caricatura, cosí tipica nella letteratura burlesca medievale, ha il compito di ironizzare sull’aspetto fisico e di produrre il riso nello spettatore. In questa maniera, d’altra parte, l’autore della caricatura cela coscientemente una critica piú profonda alla societá, la quale si rivela solo in seguito allo spettatore. Allo stesso modo, Pirandello si serve dell’esagerazione, per trasformare fisicamente i suoi personaggi, al punto da nascondere al lettore, in un primo momento, quei radicali cambiamenti psicologici che ognuno di essi ha compiuto e che saranno palesi solo in un secondo momento. L’esempio piú evidente di questo é rappresentato da Vitangelo Moscarda che, in maniera ossessiva, si sofferma sulla sua immagine riflessa, evitando cosí di definire chiaramente la propria pazzia.
La prima parte di questo lavoro si concentrerá, quindi, su Literatur und Karneval, il saggio di Bachtin, in cui si parla del grottesco. In seguito, analizzeremo i romanzi di Pirandello, cosí come furono pubblicati. In questo modo, tenteremo di seguire uno sviluppo nell’opera dell’autore, nella quale l’elemento grottesco assume una maggiore importanza, via via che il cambiamento interiore dei protagonisti si fa piú assoluto.
2. Literatur und Karneval
Bachtin definisce il grottesco come¨quello che: “die Grenzen des Leibes überschreiten will“,[2] per questo il naso e la bocca giocano un ruolo peponderante rispetto agli occhi. A questo proposito, la divisione tra il corpo e le sue parti sporgenti, grottesche simboleggia il passaggio tra vita e morte: “Lebensanfang und Lebensende sind ineinander verflochten“.[3] [1]
In ogni popolo, secondo Bachtin, il grottesco é presente e stimola il riso o l’invettiva, provocando comicitá. A questo proposito, le numerose espressioni, i modi di dire ed i proverbi che hanno come oggetto il naso e la bocca sono una prova di questo. Tuttavia, il critico nota che, a partire dal Rinascimento, la letteratura ha adottato un altro canone, che “von einem völlig fertigen, abgeschlossenen, streng abgegrenzten, von außen betrachteten, unvermischten Leib ausgeht“.[4] Secondo questo canone, la testa, il viso, le labbra ed i muscoli hanno un’importanza maggiore e sostituiscono lentamente il grottesco. L’impossibilitá di descrivere il corpo in maniera esagerata, iperbolica determina la nascita di tabú, per cui temi quali la gravidanza e la morte vengono considerati improponibili nella letteratura.
In maniera piú generale, il corpo rappresenta metaforicamente tutto il popolo, in modo che la testa indica i detentori del potere e gli arti i cittadini. Applicando il grottesco a questa metafora, il riso assume un carattere universalee contrasta nettamente con il dramma. Per questo motivo, afferma Bachtin, le parodie, i fabliaux, i ‘mistery plays’ sono particolarmente fiorenti durante il Medio Evo.
La consequenza di questa affermazione é che: “das Lachen verfügt keine Verbote und Einschränkungen. Macht, Gewalt, Autorität sprechen niemals die Sprache des Lachens“.[5] Bachtin attribuisce al grottesco, e piú in generale al Carnevale una forza destabilizzante, che si oppone al potere centrale, criticandone le strutture totalizzanti. Ridere libera dalla repressione e dalla censura, contrastando frontalmente la ‘serietá’, arma del potere. Questo tipo di letteratura, che raggiunse il suo apice con Cervantes e Rabelais, cambia drasticamente a partire dal diciassettesimo secolo. Da questo momento, il riso assume un carattere meramente privato, come la nascita delle monarchie in Europa, secondo Bachtin, dimostra.
In questo lavoro, non ci soffermeremo oltre sull’importanza che il Carnevale, come momento di rivolta e di purificazione per la societá, assume nella letteratura. Nei prossimi capitoli, analizzeremo invece piú da vicino il ruolo del grottesco che, a differenza di quanto affermato dal critico russo, é presente anche nella letteratura posteriore al Medio Evo e puó occupare una posizione centrale, come nel caso dei romanzi di Pirandello.
2.1 Corporalitá e grottesco ne Il Fu Mattia Pascal
Se si legge il romanzo di Pirandello Il Fu Mattia Pascal, mettendo in evidenza la corporalitá e il grottesco dei suoi personaggi, ci si accorge come per il protagonista del racconto, Mattia Pascal, la cosa piú importante, l’aspetto piú opprimente, sia la definizione di sé stesso. Durante la narrazione, il corpo gioca un ruolo importante e, se si vedono le tre opere pirandelliane qui analizzate come una sorta di sviluppo e come la trasformazione della persona in personaggio, si puó constatare che la corporalitá assume via via un ruolo sempre maggiore.
Sia Mattia Pascal che Adriano Meis sono ossessionati dal proprio corpo, lo guardano, lo studiano e desidererebbero cambiarlo.[6] È un rapporto nuovo, piú intenso, piú simile a quello che il lettore conosce in un personaggio teatrale, per cui non solo la sua personalitá, ma tutta la sua storia é racchiusa nel suo corpo. Le descrizioni del corpo sono dettagliate e accompagnate da commenti, che sembrano fondere le credenze popolari con quelle pseudo scientifiche della fisiognomia.
Il rapporto tra corpo e anima, ovvero il fatto che l’anima, l’essere di una persona si manifesti nei suoi tratti fisici é una credenza antica e particolarmente diffusa in Italia, soprattutto al sud. A questo riguardo ad esempio, é credenza che avere gli occhi stretti sia simbolo di malizia e avere i capelli rossi sia simbolo di cattiveria. Mattia Pascal, apparentemente in maniera distaccata, osserva il proprio corpo, ma ne é, in realtá, ossessionato:
“Ma doveva esser la mia faccia placida e stizzosa e quei grossi occhiali rotondi che mi avevano imposto per raddrizzarmi un occhio, il quale, non só perché, tendeva a guardare per conto suo altrove.
Erano per me, quegli occhiali un vero martirio. A un certo punto, li buttai via e lasciai libero l’occhio di guardare dove gli piacesse meglio. Tanto, se dritto, quest’occhio non m’avrebbe fatto bello. Ero pieno di salute, e mi bastava.
A diciott’anni m’invase la faccia un barbone rossastro e ricciuto, a scápito del naso piuttosto piccolo, che si trovó come sperduto tra esso e la fronte spaziosa e grave.
Forse, se fosse in facoltá dell’uomo la scelta d’un naso adatto alla propria faccia, o se noi, vedendo un pover’uomo oppresso da un naso troppo grosso per il suo viso smunto, potessimo dirgli: “Questo naso sta bene a me, e me lo piglio”; forse, dico, io avrei cambiato il mio volentieri, e cosí anche gli occhi e tante altre parti della mia persona. Ma sapendo bene che non si puó, rassegnato alle mie fattezze, non me ne curavo piú di tanto” . [7]
Cosí come il suo occhio, anche l’anima di Mattia Pascal sembra muoversi in ogni direzione: é controversa, instabile, ambigua e, da questa descrizione, sembra che il destino del protagonista sia fissato nel suo corpo, che la sua storia sia legata al suo aspetto esteriore, ovvero al suo lato piú grottesco.
In seguito, Mattia Pascal passa a descrivere il suo naso ed é con questa parte del corpo che, secondo lui, ogni uomo si identifica. Il naso é l’aspetto distintivo di ognuno di noi, perché é quello che ci relaziona con l’esterno, che ci permette di percepirlo e di fonderci con esso. Con gli occhi vediamo il mondo, ma é con il naso che il mondo ci penetra, in qualche modo ci cambia, ci modella e passiamo dall’essere soggetto ad essere oggetto. Anche con le orecchie abbiamo una percezione meno attiva del mondo, ma é con il naso che sperimentiamo la sua essenza, che elaboriamo le percezioni esterne a livello interiore.[8]
Brevemente, vogliamo prendere in considerazione la figura di Berto, il fratello di Mattia Pascal, che è per molti aspetti il suo alter ego, ad esempio per ció che riguarda la corporalitá. Berto viene definito come il bello della coppia, come colui che non impersonifica il grottesco, ma che, d’altra parte, vive meno di suo fratello:
[...]
[1] Si rimanda alla versione tedesca dell’opera: Michael Bachtin, Literatur und Karneval, (Frankfurt am Main: Fischer Taschenbuch Verlag), 1990.
[2] Michael Bachtin, Literatur und Karneval, 16.
[3] Michael Bachtin, Literatur und Karneval, 17.
[4] Michael Bachtin, Literatur und Karneval, 20.
[5] Michael Bachtin, Literatur und Karneval, 35.
[6] Per quanto riguarda Serafino Gubbio, ci sembra piú adeguato analizzare la sua storia separatemente da quella degli altri due personaggi, per la peculiaritá della sua vicenda, a cui verrá fatto piú ampio riferimento in seguito.
[7] Luigi Pirandello, Il Fu Mattia Pascal, (Milano: Arnoldo Mondatori, 1988), 17.
[8] Gli occhi e le mani consentono una percezione attiva del mondo da parte del soggetto. L’olfatto, al contrario, non si basa sulla partecipazione dell’individuo. Un esempio molto indicativo di questa differenza è il romanzo Das Parfum di Patrick Süsskind.
- Quote paper
- M.A. Margherita Zelante (Author), 2004, Corporalità e grottesco nei romanzi di Pirandello, Munich, GRIN Verlag, https://www.grin.com/document/51186
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