La storia dell’ortografia tedesca è stata fin da tempi più antichi una storia travagliata, costellata di innumerevoli progetti di riforma falliti e di tradizionale resistenza alle innovazioni. La riforma del 1996 – che ancora oggi non si può ritenere definitivamente conclusa – è solo l’ultimo capitolo di un processo iniziato secoli or sono con la nascita del tedesco come lingua letteraria scritta. Fino alla prima metà del 1800 l’ortografia nei paesi di lingua tedesca si era evoluta spontaneamente, senza un sistematico controllo normativo, pur essendovi stati tentativi – da parte di poeti e pensatori – di regolamentarne l’uso. Solo nella seconda metà dello stesso secolo cominciò a farsi sentire la forte necessità di definire un insieme di regole atte a unificare l’ortografia del tedesco. La riforma imposta nel 1996 dalla Kultusministerkonferenz (KMK), come già detto, non è altro che l’ultimo di una serie di tentativi di dare una regolamentazione ufficiale all’ortografia tedesca, che – come si vedrà di seguito in modo più dettagliato – ha sempre creato difficoltà di vario genere in quanto carente di regole e norme particolari. Qui di seguito verranno presentati tutti i passaggi più importanti attraverso i quali è passata l’ortografia tedesca a partire dall’alto tedesco antico.
INDICE ANALITICO
LA RIFORMA DAL PASSATO A OGGI pag
1. L’ORTOGRAFIA TEDESCA NELLA STORIA pag
1.1 Dagli esordi all’invenzione della stampa pag
1.2 Il Cinquecento e il Seicento pag
1.3 Dagli inizi del 1700 alla prima metà del 1800 pag
1.4 Dal 1850 alla seconda conferenza ortografica pag
1.5 La seconda conferenza ortografica pag
1.6 I tentativi di riforma del ventesimo secolo pag
2. LA RIFORMA ORTOGRAFICA DEL 1996 E LE SUCCESSIVE MODIFICHE DEL 2004 pag
2.1 Laut-Buchstaben-Zuordnungen pag
2.1.1 La S-Schreibung pag
2.1.2 La combinazione di tre consonanti uguali pag
2.1.3 La scrittura etimologica (Stammschreibung) pag
2.1.4 Raddoppiamento della consonante pag
2.1.5 Termini di origine straniera pag
2.1.6 Sistematizzazione di casi singoli pag
2.2 Getrennt- und Zusammenschreibung pag
2.3 Schreibung mit Bindestrich pag
2.4 Groß- und Kleinschreibung pag
2.5 Zeichensetzung pag
2.6 Worttrennung am Zeilenende pag
3. LA RIFORMA, L’OPINIONE PUBBLICA E GLI INTELLETTUALI pag
3.1 Un’opposizione all’apparenza immotivata pag
Bibliografia e sitografia pag
LA RIFORMA DAL PASSATO A OGGI
Es ist über diesen Gegenstand seit anderthalb hundert Jahren so viel gesprochen und geschrieben worden, daß man es einem ehrlichen Manne kaum zumuthen kann, noch eine Zeile mehr darüber zu lesen. Und doch ist die Sache bey weitem noch nicht erschöpft, und selbst diejenigen, welche unsere gewöhnliche Orthographie so gern zu schmähen pflegen, haben die Grundsätze, wornach sie sich bestimmt, und bestimmen muß, nicht in ihrem ganzen Zusammenhange eingesehen.
Johann Christoph Adelung (1782)
1. L’ORTOGRAFIA TEDESCA NELLA STORIA
La storia dell’ortografia tedesca è stata fin da tempi più antichi una storia travagliata, costellata di innumerevoli progetti di riforma falliti e di tradizionale resistenza alle innovazioni. La riforma del 1996 – che ancora oggi non si può ritenere definitivamente conclusa – è solo l’ultimo capitolo di un processo iniziato secoli or sono con la nascita del tedesco come lingua letteraria scritta. Fino alla prima metà del 1800 l’ortografia nei paesi di lingua tedesca si era evoluta spontaneamente, senza un sistematico controllo normativo, pur essendovi stati tentativi – da parte di poeti e pensatori – di regolamentarne l’uso. Solo nella seconda metà dello stesso secolo cominciò a farsi sentire la forte necessità di definire un insieme di regole atte a unificare l’ortografia del tedesco. La riforma imposta nel 1996 dalla Kultusministerkonferenz (KMK), come già detto, non è altro che l’ultimo di una serie di tentativi di dare una regolamentazione ufficiale all’ortografia tedesca, che – come si vedrà di seguito in modo più dettagliato – ha sempre creato difficoltà di vario genere in quanto carente di regole e norme particolari. Qui di seguito verranno presentati tutti i passaggi più importanti attraverso i quali è passata l’ortografia tedesca a partire dall’alto tedesco antico.
1.1 DAGLI ESORDI ALL’INVENZIONE DELLA STAMPA
Verso il 750 d.C. apparirono le prime testimonianze scritte in lingua tedesca, più precisamente in dialetto bavarese, alemanno e francone1. Fondamentale per questo processo fu l’utilizzo dell’alfabeto latino (minuscola carolina), il quale però dimostrò tutta la sua inadeguatezza a rendere parte dei suoni tedeschi per mancanza dei grafemi adatti, in particolare per le affricate, le aspirate e le vocali lunghe2. In certi casi, non essendosi ancora sviluppato un sistema di corrispondenza fonema/grafema, la medesima parola poteva essere scritta in numerosi modi. Ad esempio, per il nome proprio Ludwig, era possibile trovare Lodhuuig / Ludhuuuig / Hludwîg / Ludouuig[3], il che mette in evidenza la sovrabbondanza di grafemi rispetto a certi fonemi nelle prime fasi attestate della lingua. Il ruolo preponderante svolto dal latino a quell’epoca spiega la scarsità di documenti scritti in alto tedesco antico a noi pervenuti. Una caratteristica di questo periodo fu, inoltre, la presenza di numerose e differenti tradizioni locali di scrittura, che di certo non poterono creare le condizioni per un livellamento grafico della lingua.
Con il passaggio al tedesco medio alto la difformità grafica non registrò sostanziali mutamenti, se non quelli dati dalla cosiddetta Nebensilben-Abschwächung (l’indebolimento delle sillabe atone che portò alla trasformazione in <e> delle vocali di tali sillabe), dall’introduzione dell’Umlaut (resa graficamente in modi diversi) e dalla Auslautverhärtung, ossia la trasformazione delle occlusive sonore in occlusive sorde in finale di parola (fenomeno tipico anche del tedesco odierno, il quale però non viene più reso graficamente)4.
Sempre nei primi secoli del secondo millennio si sviluppò una rudimentale interpunzione: il punto venne utilizzato per segnalare la fine di una frase o di un verso5. Un esempio è dato dalla canzone Das Falkenlied des Kürenbergers (Cod. Pal. Germ. 848, fol. 63):
[…] Ich zoch mir eine valken mere danne ein
iar. do ich in gezamete als ich in wolte
han. vn ich im ∫in gevidere mit golde wol
bewant. er hvob ∫ich vf vil hohe vn flovg
in anderiv lant[6].[…]
Per quanto riguarda la lettera maiuscola, questa cominciò ad essere utilizzata con più frequenza all’inizio di un paragrafo, di una strofa o di un verso, a volte perfino all’inizio di frase. Bisognerà, però, attendere il XVI secolo perché i sostantivi inizino ad essere scritti con l’iniziale maiuscola7.
L’uniformità grafica, in conclusione, era ancora un obiettivo troppo lontano da raggiungere per gli amanuensi dei primi secoli del secondo millennio. Infatti, data la mobilità di questi ultimi e la circolazione di manoscritti provenienti da diversi scriptoria, le tradizioni di scrittura si imbastardirono ancora di più, in quanto accolsero – grazie all’apporto personale degli stessi copisti – termini e grafie di dialetti tra loro molto diversi.
Intorno al 1450 l’invenzione della stampa da parte di Gutenberg8 pose le basi per una più intensa trascrizione della tradizione orale, ma permanevano i problemi dei secoli precedenti: l’inesistenza di un sistema grammaticale consolidato e la mancanza di una lingua comune a tutti i parlanti. Il multigrafismo era ancora la regola. È, però, in questo periodo che alcuni elementi catalizzatori concorsero allo Sprachausgleich, ossia al livellamento linguistico. Si tratta dello sviluppo delle cosiddette Kanzleisprachen e delle Druckersprachen. Le prime erano lingue a carattere sovraregionale in uso presso le varie cancellerie presenti sul territorio tedesco. Tra queste ebbe il sopravvento la lingua della cancelleria dei principi Wettin, detta poi Meißner Deutsch. La particolare localizzazione geografica e <<l’eclettismo della sua genesi9 >> portarono questa varietà linguistica ad essere facilmente comprensibile tanto al nord quanto al sud del Paese, tanto che nel XVI secolo Martin Lutero la utilizzò per diffondere i suoi scritti di carattere religioso-riformista. Le seconde erano, invece, le lingue e le grafie che venivano impiegate presso le tipografie tedesche, tra le quali possiamo citare quelle di Augusta, Norimberga e Lipsia. Pure queste esercitarono una notevole forza centripeta in direzione dell’uniformità linguistica, tanto più che permettevano di raggiungere tutti gli strati della popolazione. I primi passi verso la normalizzazione ortografica erano stati fatti, sebbene si fosse ancora all’inizio di un lunghissimo e controverso processo.
1.2 IL CINQUECENTO E IL SEICENTO
Come già detto in precedenza, grazie agli scritti di Martin Lutero – tra cui la traduzione della Bibbia – si concretizzò il lungo processo di uniformazione della scrittura e della lingua tedesca su tutto il territorio già avviatosi nel secolo precedente. Rispetto ad oggi, l’ortografia mostrava, dunque, una certa variabilità (ad es. vnnd vs. hunt) e la tendenza all’ammassamento di consonanti (ad esempio Hellffershellffer). Notevoli furono i primi tentativi di marcare graficamente la differenza semantica tra due omofoni (Mohr vs. Moor). Caratteristiche di Lutero furono: la marcatura della lunghezza vocalica tramite i grafemi <h> (yhm) ed <e> (viel), e quella della sua brevità raddoppiando la consonante seguente (gott[10]); l’utilizzo della maiuscola principalmente per indicare i nomi propri, i sostantivi di cui si voleva far notare la rilevanza nel contesto e l’inizio di un periodo11. È da notare che nell’edizione della Bibbia del 1542 già l’80% dei sostantivi presentava l’iniziale maiuscola.
Nel Cinquecento, dunque, non mancava solo una teoria ortografica ufficiale, era necessario risolvere ancora la questione della cosiddetta Hochsprache (la lingua standard), la cui mancata individuazione condizionò molto la riflessione grammaticale e ortografica. A tale riguardo è bene citare lo slesiano Fabian Frangk12, secondo il quale lo Hochdeutsch non coincideva necessariamente con la lingua di una particolare regione, bensì con una scelta ragionata delle migliori varietà locali, proprio come aveva fatto Lutero.
Dunque, l’individuazione della lingua – o varietà di lingua – su cui basare le proprie riflessioni fu una delle sfide più importanti per i linguisti sia del Cinquecento sia del Seicento. Il modello di lingua che stava alla base delle teorie di questi due secoli poteva essere di due differenti tipi: concreto, quando veniva fatto coincidere con una varietà di lingua esistente; astratto, se si riteneva che si dovesse creare un modello di lingua superiore a tutti i dialetti tedeschi.
La riflessione linguistica fece un grande salto di qualità con il passaggio dal XVI al XVII secolo grazie alla nascita di numerose Sprachgesellschaften, ossia accademie linguistiche il cui scopo era quello di analizzare la lingua e intervenire nei processi linguistici in corso. L’istituzione più importante fu la Fruchtbringende Gesellschaft, fondata nel 1617 dal principe Ludwig von Anhalt-Koethen, i cui membri, tutti protestanti e quasi tutti aristocratici, si prefissero come obiettivi la cura della lingua e la ricerca della migliore pronuncia. Particolare attenzione fu riservata all’ortografia, in quanto si stava facendo sempre più strada la convinzione che solo la creazione di norme ortografiche ufficiali e vincolanti potessero sconfiggere l’ancora diffuso multigrafismo. Questa riflessione – come nel secolo precedente – si pose, però, nel più ampio discorso della ricerca di una Hochsprache: a prescindere dal fatto che i vari autori identificassero quest’ultima con la varietà linguistica scritta e parlata nella Marca del Meißen o che ritenessero che essa non fosse riscontrabile in nessuna regione tedesca, la pronuncia diventò un criterio più o meno importante per l’ortografia.
I principi più importanti addotti per teorizzare le norme che avrebbero dovuto regolarizzare l’ortografia13 sono:
- il principio fonologico, che porta a rispettare l’unitarietà di un fonema anche quando esso presenta allofoni diversi;
- il principio morfologico, che comporta il rispetto dell’identità di una parola pur nelle sue varianti di pronuncia (Bäume < Baum);
- il principio etimologico, che tiene in considerazione la storia di una parola;
- l’ usus scribendi, ossia il miglior uso, rappresentato dall’esempio degli scrittori più autorevoli.
Su questa base vennero pubblicati molti testi di ortografia e di grammatica. Gli studi più importanti furono svolti da Heinrich Caninius con l’opera dal titolo Orthographica Germanica (1604; risalto del principio etimologico), Johann Rudolf Sattler col testo Teutsche Orthographey und Phraseologey (1607; accentuazione dell’usus scribendi), Tilmann Olearius con l’opera intitolata Deutsche Sprachkunst (1630; rilevanza del principio fonologico), Johann Bellin con la Hochdeutsche Rechtschreibung (1657; importanza dell’uso comune), Justus Georg Schottel con i testi Teutsche Sprachkunst (1641; rifiuto del principio fonologico a causa della frammentazione dialettale, risalto del principio etimologico e morfologico) e Ausführliche Arbeit von der Teutschen Hauptsprache (1663). L’opera di Schottel, che descriveva per la prima volta la lingua con terminologia tedesca, diede alla questione ortografica un fondamento tramite la definizione di principi e la deduzione di regole e ciò avrebbe permesso ai linguisti del secolo seguente di intervenire in modo determinante in questo campo.
1.3 DAGLI INIZI DEL 1700 ALLA PRIMA META’ DEL 1800
Gli studiosi del Settecento disponevano ormai di una solida base teorica venutasi a creare nel secolo precedente, durante il quale – come abbiamo visto – era stata sancita l’importanza dei criteri che avrebbero dovuto soprintendere alla realizzazione grafica dei suoni. Loro obiettivo fu, quindi, quello di creare un sistema ortografico coeso che si imponesse in tutto il territorio: la lingua parlata, difatti, continuava a mostrare discrepanze tra i diversi dialetti, e questo si rifletteva seriamente nella realizzazione grafica dei termini. Il Settecento fu ricco di personalità eccezionali che diedero un contributo essenziale allo sviluppo di un’ortografia tedesca uniforme.
Nel 1722 uno studioso tra i più importanti, Hieronymus Freyer, pubblicò il trattato Anweisung zur Teutschen Orthographie. In quest’opera, l’ortografia veniva vista come una scienza:
Die Orthographie ist eine Wissenschaft, die Woerter einer ieglichen Sprache nach allen dazu gehoerigen Stuecken recht zu schreiben [14] .
I punti che Freyer affrontò nel suo trattato furono:
- la “Pronunciation oder Aussprache” (principio fonologico):
Die Pronunciation ist nichts anders, als der vsus loquendi oder die gemeine Gewohnheit zu reden: will also diese Hauptregel, man solle so schreiben, als man redet [15] .
Der erste Beweis dieses Satzes kann von der Zeit hergenommen werden: weil es doch unleugbar ist, daß man ehe geredet als geschrieben habe; und daher billig, daß man sich im schreiben nach dem reden richte [16] .
- la “Derivation” (principio morfologico):
[…] Es ist aber auf die Derivation fleissig zu sehen:1) weil sie viele Buchstaben, welche in der Pronuntiation einen gleichen Laut haben und also aus derselben allein nicht mit voelliger Gewißheit zu erkennen sind, unterscheidet [17] .
Per tale ragione egli reputava fosse necessario basarsi sulla scrittura etimologica (Stammschreibung) per la flessione, la declinazione, la comparazione, la coniugazione e la composizione (ad es. färben invece di ferben in quanto derivante da Farbe[18]).
- la “Analogie”:
[…] Diese Analogie aber dienet eigentlich dazu: daß, wenn iemand das Muster der Orthographie von einer Declination, Comparation, Conjugation, Derivation und Composition vor sich hat; er viele andere Woerter, die auf gleiche Art formiret und ausgesprochen werden, darnach schreiben kann [19] .
Per tale motivo sarebbe ragionevole scrivere Gewinst invece di Gewinnst, in analogia con Kunst o Brunst, che derivano rispettivamente da können e brennen.
- l’ usus scribendi, ossia il modo quotidiano in cui si scrivono dei termini, qualora non entrino in gioco i tre principi precedenti.
L’opera di Hieronymus Freyer fu di enorme importanza per la storia dell’ortografia tedesca, in quanto molti dei principi da lui proposti sarebbero stati considerati a più riprese anche nei secoli seguenti.
Non meno rilevante fu il contributo di Johann Cristoph Gottsched, il quale nel 1748 pubblicò la sua opera più importante Vollständigere und Neuerläuterte Deutsche Sprachkunst. La sua riforma linguistica di stampo illuministico, con l’imposizione di uno stile, di una grammatica e anche di un lessico corretti, razionali e precisi, si affermarono in tutta la Germania e poi anche in Svizzera e in Austria (ci furono ben otto edizioni tra il 1748 e il 1778). In primo luogo egli si sforzò di uniformare la lingua tedesca, riuscendo a sintetizzare abbastanza fedelmente le parlate di una buona metà della Germania centrale:
[…] werden sich auch saemmtlichen deutschen Landschften, ungeachtet ihrer verschiedenen Mundarten, vergleichen muessen, ihre Woerter nicht nach ihrer besondern Aussprache, sondern nach der Aussprache derjenigen Provinz zu schreiben, die sich den Ruhm der besten Mundart erworben hat. Hierzu koemmt nun noch, daß diejenige Landschaft den groeßten Anspruch auf dieses Vorrecht haben wird, welche die groeßte Anzahl guter Scribenten hervorgebracht, und sich die meiste Muehe gegeben hat, ihre Sprache richtig, schoen und angenehm zu machen.[…]
Durch dergleichen Gruende erlanget nun die sogenannte obersaechsische Mundart einiges Ansehen in Entscheidung der zweifelhaften Rechtschreibung [20] . […]
Gottsched elimina anche impacci ortografici come i digrammi <ck>, <ff>, <tz> preceduti da consonante, inoltre sostiene energicamente l’adozione della scrittura maiuscola per tutti i sostantivi:
[…] Nach einem Mitlauter setze man keinen andern doppelten Mitlauter, sondern nur einen einfachen. Z.E. in werffen, schaerffen, Hertzen, schertzen, Schmertzen, tantzen, schantzen, kuertzen, wircken, Wercken, sind alle ff, ck, und tz ueberfluessig: weil man sie in der Aussprache nicht hoeret; […] Nach kurzen Selbstlautern muß man doppelte Mitlauter schreiben: weil die Aussprache solches erfordert; das Gegentheil aber so klingen wuerde, als ob man Saaz, Bliez, Wiez, Schuuz geschrieben haette [21] . […]
Interessante è notare che tali osservazioni appaiono oggigiorno nella Regolamentazione Ufficiale dell’Ortografia Tedesca (Amtliche Regelung der deutschen Rechtschreibung), edizione 2004, ai paragrafi §2 e §3:
§2 Folgt im Wortstamm auf einen betonten kurzen Vokal ein einzelner Konsonant, so kennzeichnet man die Kürze des Vokals durch Verdopplung des Konsonantenbuchstabens [22] .
§3 Für <k> und <z> gilt eine besondere Regelung:
(1) Statt <kk> schreibt man <ck>
(2) Statt <zz> schreibt man <tz>
Gottsched fu uno studioso di grande importanza per lo sviluppo della lingua tedesca. Sulla via della regolarizzazione della lingua egli ebbe addirittura il merito di precedere Adelung, il quale avrebbe ereditato il progetto gottschediano della creazione di un repertorio lessicale che prendesse le distanze dall’impianto ormai imbastardito del vocabolario tedesco.
Nel 1788 Johann Christoph Adelung pubblicò l’opera Vollständige Anweisung zur Deutschen Orthographie, in cui trattò paradigmaticamente gli stessi argomenti di cui si sarebbe occupata due secoli dopo la riforma ortografica: Laut-Buchstaben-Zuordnung, Groß- und Kleinschreibung, Getrennt- und Zusammenschreibung, Worttrennung e Zeichensetzung. La funzione dello studioso tedesco fu quella di anello di congiunzione tra le acquisizioni grammaticali e ortografiche dei secoli precedenti e gli studi che sarebbero stati condotti nell’Ottocento, tanto che egli ebbe grande influenza addirittura su Wieland e Goethe, il quale raccomandò espressamente agli editori di adeguare i suoi testi all’ortografia teorizzata da Gottsched stesso. Nel 1782 Adelung pubblicò il trattato Umständliches Lehrgebäude der Deutschen Sprache, in cui ci si imbatte in quella che egli definì la “legge naturale della scrittura”:
[…] Hieraus folget nun auch das allgemeine Grundgesetz der Schrift aller Sprachen: schreib wie du sprichst, weil die Schrift die Nahmen der Begriffe nach ihren einfachen Tönen dem Auge darlegen soll, folglich dem Auge keine andere Töne darstellen darf, als wirklich gehöret werden, und sie nicht anders darstellen darf, als sie wirklich gehöret werden. Dies ist gewisser Maßen das Naturgesetz. […] Ich behaupte, das Gesetz, schreib wie du sprichst, liege in der Schrift aller Sprachen zum Grunde, und behaupte nicht zu viel, weil es eine unmittelbare Folge aus der höchsten und einigen Absicht der Schrift ist [23] .
Pochi decenni dopo, nel 1814, Johann Christian August Heyse diede alle stampe la sua opera Theoretisch-praktische deutsche Grammatik oder Lehrbuch zum reinen und richtigen Sprechen, Lesen und Schreiben der deutschen Sprache. In questo lavoro venne sottolineato il primato della lingua parlata e la reciproca influenza del parlato e dello scritto. Intenzione dell’autore fu la sistematizzazione (logica e comprensibile) della grafia già presente: sua fu, infatti, la cosiddetta “regola di Heyse” (Heyse’sche Regel), in base alla quale l’ambito d’uso del grafema <ß> veniva ben delimitato da quello del digramma <ss>: il primo veniva fatto seguire alle vocali lunghe e ai dittonghi, il secondo, invece, seguiva esclusivamente le vocali brevi.
Qualche anno dopo, nel 1829, Karl Ferdinand Becker pubblicò la Deutsche Grammatik, in cui – come per Heyse – il primato della lingua parlata veniva visto come indiscutibile. Ad esempio, nel caso ci fossero stati dubbi sulla provenienza etimologica di un termine, questo avrebbe dovuto essere scritto come lo si pronunciava (precedenza della pronuncia sull’etimologia): behende 24 invece di behände, Ermel in luogo di Ärmel.
Fu solo nella seconda metà del XIX secolo che l’ortografia tedesca approdò sui banchi della politica per essere di seguito portata agli occhi di gran parte dell’opinione pubblica, finora esclusa.
In quegli anni, difatti, si cominciò ad avvertire in maniera ancora più incisiva di prima la necessità di una normalizzazione linguistica e ortografica del tedesco. Studi storici hanno dimostrato che le cause principali di tale atteggiamento non furono strettamente di carattere linguistico, bensì soprattutto di natura socio-politica25:
- le classi elevate della società erano state finora abituate al carattere di invariabilità di lingue pregiate come il latino e il francese. Poiché il tedesco andava assumendo un ruolo sempre più importante anche per la classe nobiliare, i suoi membri ritenevano fosse opportuno che esso soddisfacesse ai medesimi principi di regolarità delle altre due lingue, accantonando, quindi, le numerose varianti di scrittura e stabilendo regole ortografiche più ferree;
- la recente industrializzazione, il conseguente fenomeno di urbanizzazione e l’aumento dei commerci richiedevano che la comunicazione scritta si servisse di una lingua il più facilmente comprensibile da tutti;
- l’idea di stato nazionale propugnata dalla recente rivoluzione francese era strettamente connessa con quella di unificazione linguistica. Non c’è da stupirsi, quindi, se a partire dal 1871 (anno della Vereinigung per mano di Otto von Bismarck) vi fu un aumento delle attività miranti alla standardizzazione linguistica.
1.4 DAL 1850 ALLA SECONDA CONFERENZA ORTOGRAFICA
Nel 1854 i fratelli Jacob e Wilhelm Grimm pubblicarono il Deutsches Wörterbuch, volume I. Quest’ultimo, nella prefazione al dizionario, vedeva nell’ortografia del tempo il declino della lingua tedesca:
[…] in den letzten drei jahrhunderten trägt die deutsche schreibung so schwankende und schimpfliche unfolgerichtigkeit an sich, wie sie in keiner andern sprache jemals statt gefunden hat, und nichts hält schwerer als diesen zustand zu heilen [26] . […]
Nella sua celebre pubblicazione Brief an die berühmte Weidmannsche Buchhandlung (1849), Grimm propose una regolamentazione ortografica – indipendente da qualsiasi pronuncia regionale – sulla base delle vecchie e chiare regole dell’alto tedesco medio. I punti salienti erano i seguenti:
- standardizzazione degli indicatori della lunghezza vocalica: <h> e <ie> solo dove etimologicamente corretti (quindi weh, ziehen, Mohn e Gemahl[27], ma Lon, war e gibt/vil[28]); raddoppiamento vocalico solo se storicamente provato (haar, ma her, mer);
- di conseguenza, occorreva un raddoppiamento consonantico per segnalare la brevità di una vocale, sempre a patto che ciò fosse etimologicamente provato (mitte, sitte). Solo in finale di parola e di fronte all’occlusiva dentale /t/ si mantenevano le regole dell’alto tedesco medio e non si raddoppiava, quindi, la consonante (man, sol, konte);
- eliminazione del digramma <th> (tal invece di thal, tun invece di thun);
- utilizzo del digramma <sz> dopo una vocale lunga (weisz), di <ss> dopo una vocale breve;
- nessuna differenziazione grafica tra parole omofone, a meno che tali differenze non fossero motivate storicamente (sein / seyn, in/ihn, wieder/wider[29]);
- scrittura minuscola di tutti i sostantivi, a meno che non fossero all’inizio di frase o nomi propri;
- adozione dell’antiqua al posto della scrittura gotica. Grimm sosteneva, difatti, che:
[...] Nicht genug daß diese schrift das auge beleidigt, schreiben und druck mühsamer macht, sie hindert auch die verbreitung unsrer literatur im ausland[30].
Come abbiamo visto, se fino agli inizi del XIX secolo la grande maggioranza dei linguisti proponeva di basarsi sul principio fonologico, con Jacob Grimm il principio storico (historisches Prinzip) torna alla ribalta cercando di imporsi fortemente come la norma più adatta per la regolamentazione dell’ambito ortografico della lingua. Ciò che premeva molto a J. Grimm era l’adozione di un’ortografia di semplice utilizzo che fosse assolutamente indipendente dalle numerose colorazioni dialettali dell’epoca, un’ortografia che ostentasse esclusivamente i propri caratteri naturali (leggi: storici) e che non fosse inaridita dall’intervento normativo dei linguisti.
Un ruolo importante fu ricoperto da Rudolf von Raumer, il quale nel 1855 pubblicò il trattato Das Princip der deutschen Rechtschreibung. Punto focale del discorso fu la distinzione tra principio storico e principio fonetico, per il secondo dei quali egli si batte:
[…] Jede Erörterung über die Rechtschreibung muss ausgehen von dem Verhältnis der gesprochenen und der geschriebenen Sprache, des Lautes und des Schriftzeichens [31] .
Raumer constata che col tempo la lingua parlata – più precisamente i suoni peculiari di una lingua – cambia, e si allontana inesorabilmente dalla lingua scritta. A causa di tale discordanza, afferma Raumer,
[…] kann nun die Schreibweise einen doppelten Weg einschlagen. Entweder sie kümmert sich gar nicht um die veränderte Aussprache und bleibt unverrückt auf ihrem Platze stehen: oder sie sucht der veränderten Aussprache gerecht zu werden, indem sie die Schriftzeichen der neuen Aussprache anzupassen sucht. Die erste Art kann man die h i s t o r i s c h e Schreibweise nennen, die zweite die im strengen Sinn des Wortes p h o n e t i s c h e [32] . […]
Tale principio è, per Raumer, imprescindibile per una corretta ortografia della lingua tedesca:
[…] Bringe deine Schrift und deine Aussprache in Übereinstimmung [33] , dirà lo studioso di seguito nel suo trattato.
Le proposte principali dello studioso tedesco per una migliore ortografia sono le seguenti:
- semplificazione delle modalità per indicare la lunghezza vocalica, in quanto esistono quattro modi per ottemperare a questa necessità: il raddoppiamento della vocale (Saal, Beere[34]), l’aggiunta del grafema <h> (Wahl, entbehren[35]), oppure del grafema <e> (Ziel, viel[36]), fare seguire la vocale da una sola consonante (schlafen);
- eliminazione del digramma <th>;
- sostituzione di <c> con <k> e <z> (Kasse, Zentner).
Purtroppo, la presenza di più scuole e pensieri non permise di giungere a degli accordi soddisfacenti come avrebbe voluto Adelung. Questo fu causa di preoccupazione soprattutto per il sistema scolastico, dove le esigenze didattiche imponevano l’uso di un’ortografia il più omologata possibile sull’intero territorio tedesco, necessità avvertita con maggiore prepotenza dopo l’unificazione nel 1871. Cominciarono così a circolare le cosiddette Schulorthographien con validità circoscritta al territorio regionale o locale. Queste regolamentazioni non facevano altro che riflettere la teoria ortografica delle diverse scuole, in particolare quella etimologica e quella fonetica.
Nel 1869, a dimostrazione del caos che regnava a livello di Rechtschreibung e a seguito di numerose lamentele riguardanti la disomogeneità dell’ortografia adottata dalle varie case editrici, in Austria venne convocata una conferenza ortografica, i cui principi (che si basavano su Raumer) sarebbero stati pubblicati nel trattato Österreichischer Schulbote, pur non imponendosi mai all’opinione pubblica.
Bisognerà attendere il 1872 per vedere comparire sulla scena nazionale la figura più importante e pragmatica della storia dell’ortografia tedesca: Konrad Duden.
Apprezzato pedagogo e direttore di due istituti scolastici in Turingia, egli pubblicò il saggio intitolato Die deutsche Rechtschreibung. Abhandlung, Regeln und Wörterverzeichnis mit etymologischen Angaben. Für die oberen Klassen höherer Lehranstalten und zur Selbstbelehrung für Gebildete. Con quest’opera – facilmente comprensibile e con chiari obiettivi – il linguista tedesco sostenne la necessità di una semplificazione e di un miglioramento dell’ortografia. Egli si batté per il principio fonologico, al quale fece seguire per importanza quello etimologico (<e> vs. <ä>) e quello di differenziazione semantica (Waagen vs. Wagen). Duden paragonò la lingua tedesca a un essere vivente in continua trasformazione:
[…] Die Sprache steht nämlich als ein lebendiger Organismus niemals still; unaufhörlich verändert sie sich nach gewissen ihr innewohnenden Gesetzen, wie die Organismen in der Natur, wie die Pflanze und das Thier. Wie kann sich nun diesen Veränderungen gegenüber die Schrift verhalten? Es scheint ganz selbsverständlich, daß sie den Veränderungen der Sprache folgt; soll sie ja doch das gesprochene Wort nach seinen Lauten darstellen [37] . […]
In questo passo era già chiaro quanto Duden reputasse importante il principio fonologico. Egli, inoltre, aveva previsto cosa sarebbe accaduto se il principio storico fosse riuscito a scalzare quello fonologico:
[…] das ursprünglich allein vorhandene phonetische Prinzip ist von dem historischen wesentlich beschränkt worden; ganz verdrängt werden konnte es nicht; geschähe das, so würde die Schrift den Charakter der Lautschrift aufgeben und Begriffsschrift werden, denn Buchstaben, welche keine Laute mehr bezeichnen, hören eben damit auf zu sein was sie allein sein sollen: Lautzeichen [38] . […]
Ciononostante, Konrad Duden non mostrò, come già detto, una completa avversità per il principio etimologico. Egli lo riteneva essenziale in determinate situazioni, in quanto
[…] Diese etymologische Schreibung hat mit der Begriffsschrift das gemein, daß sie über die treue Wiedergabe des gesprochenen Lauts hinaus das Verständniß erleichtern will: sie stellt etwas für das Auge dar, was das Ohr nicht vernimmt [39] . […]
In sostanza, il principio fonologico avrebbe dovuto condurre alle seguenti conclusioni:
- la quantità vocalica avrebbe dovuto essere evidenziata con regolarità; sarebbe bastato naturalmente scegliere se indicare solo la lunghezza o solo la brevità;
- ogni volta che due o più grafemi avessero reso lo stesso fonema, sarebbe stato necessario optare per solo uno di essi. Quindi la metafonia di <a>, che viene resa una volta con <e>, un’altra volta con <ä> (si vedano Eltern da alt, hätte da hatte), sarebbe dovuta essere resa con uno solo dei due grafemi (Eltern e hette, oppure Ältern e hätte). Lo stesso discorso sarebbe valso per le seguenti coppie di grafemi:
- <ei> e <ai> (frei vs. Maid)
- <eu> e <äu> (Beute vs. Häuser)
- <f> e <v> (Vater vs. Fenster)
Inoltre, i digrammi <th> e <dt> avrebbero dovuto essere sostituiti dal grafema <t> e, infine, le occlusive sorde in finale di parola e prima di <s> e <t> avrebbero dovuto sostituire le corrispettive sonore, proprio come avveniva nell’alto tedesco medio (si prendano ad esempio grap, gräpst e gräpt, invece di Grab, gräbst e gräbt).
È chiaro, ora, fino a che punto Duden volesse semplificare e regolarizzare il tedesco, spesso perfino a scapito del retaggio storico della lingua.
Per fissare una norma unitaria da introdurre nelle scuole di tutti i Länder tedeschi, dal 4 al 15 gennaio 1876 si tenne a Berlino una conferenza, detta prima Conferenza Ortografica (I. Orthographische Konferenz), su iniziativa del Ministro della Cultura prussiano Adalbert von Falk. Vi parteciparono Raumer, Duden, Wilmanns e Scherer. La direzione spettò a H.B. Bonitz. Punto di partenza per la conferenza fu il trattato Regeln und Wörterverzeichnis für die deutsche Orthographie di Rudolf von Raumer. Le decisioni vennero prese a maggioranza, e spesso il gruppo dei riformisti rappresentato da Raumer stesso ebbe la meglio sul gruppo dei conservatori guidati da Sanders e Scherer. Durante la settimana di lavori vennero prese le seguenti decisioni:
- adozione della cosiddetta “regola di Heyse” (Heyse’sche Regel), consistente nell’utilizzo del digramma <ss> dopo una vocale breve (Fluss, Fass, Kuss), di <ß> dopo una vocale lunga o un dittongo (Fuß, reißen)40 ;
- sistematizzazione delle regole per segnalare la lunghezza vocalica: per le vocali <e>, <i> si dovevano mantenere le modalità utilizzate fino a quel momento (raddoppiamento, aggiunta di <h> o <e>); per le vocali <a>, <o>, <u> si doveva ricorrere al loro raddoppiamento o all’aggiunta del grafema <h> solo nei casi si dovessero distinguere graficamente due omofoni (ad es. Boote vs. Bote, Ruhm vs. Rum; altrimenti Fane, Han, Bone, Höle, Hun);
- adattamento alla lingua tedesca di prestiti da altre lingue, in particolare sostituzione del grafema <c> con <k> e <z> (ad es. Kasse, Kultur, Zelle, Zirkel);
- eliminazione delle varianti grafiche (ad es. wieder/wider, todt/tot, samt/sammt, giebt/gibt);
- sostituzione del digramma <th> con <t>;
- separabilità dei digrammi <pf, st, tz>.
Venne respinta la proposta di Wilmanns di abbandonare i caratteri gotici a favore di quelli latini.
Nonostante l’esistenza di un forte movimento di opposizione, queste regole non vennero di fatto revocate e, almeno teoricamente, rimarranno in vigore fino alla successiva Conferenza Ortografica, grazie alla quale vennero apportate ulteriori modifiche. Unica eccezione fu la Baviera, dove nel settembre del 1879 venne decisa tramite decreto ministeriale l’obbligatorietà delle regole introdotte dalla I Conferenza Ortografica per tutte le scuole di ogni ordine e grado.
Nel mese di gennaio dell’anno successivo, pure in Prussia venne ordinato che nelle scuole si adottasse la nuova regolamentazione ortografica, ma nella rielaborazione di Wilmanns. Questo lavoro coincise nella maggior parte dei casi con quello introdotto in Baviera l’anno precedente, tranne che per qualche particolarità lessicale:
Abbildung in dieser Leseprobe nicht enthalten
Delle proposte formulate dalla I Conferenza Ortografica in Prussia vennero adottati i seguenti punti:
- totale sostituzione del grafema <c> con <k> e <z>;
- sostituzione di <th> con <t> all’interno e in finale di parola;
- separazione del digramma <st>.
Non vennero introdotti i seguenti criteri:
- regola di Heyse;
- sostituzione di <th> con <t> all’inizio di parola;
- riduzione delle modalità per esprimere la lunghezza vocalica.
È interessante vedere quanto Willmanns ci tenesse a che il numero maggiore di Stati adottasse la scrittura unitaria rielaborata in Baviera e in Prussia, pur ammettendone la difficoltà:
[…] Das preußische Ministerium hat also, so viel an ihm war, gethan die Zersplitterung auf dem Gebiete der Orthographie zu verhüten. Eine Vereinbarung für alle deutschen Staaten zu schaffen, steht nicht in seiner Macht; […] Es ist lediglich Sache der einzelnen Regierungen über die Orthographie ihrer Schulen zu entscheiden. Einige haben sich der preussisch-bayerischen Vereinigung bereits angeschlossen, wir hoffen, daß die andern sich nicht versagen werden [41] . […]
Sulla base dell’ortografia scolastica prussiana e bavarese, Konrad Duden pubblicò nello stesso anno il Vollständiges Orthographisches Wörterbuch der deutschen Sprache, il quale riportava circa 27.000 lemmi e di cui, fino al 1900, ci sarebbero state sei edizioni. Per Konrad Duden, che in occasione della Conferenza Ortografica aveva sostenuto invano la necessità di un’incisiva riforma in senso fonologico, gli eventi di Berlino avevano, difatti, segnato una svolta: abbandonato l’obiettivo riformatore, il suo interesse si volse alla codificazione della norma. Interessante è notare che, se la prima edizione del dizionario era ricca di varianti, le successive edizioni, attraverso la cancellazione della variante tradizionale, presentavano un’ortografia molto più vicina a quel principio fonologico così tanto desiderato dal lessicografo tedesco. Strumento di agile consultazione, il dizionario di Duden ebbe un’enorme importanza pedagogica e didattica: l’ortografia di ogni singolo lemma costituiva l’applicazione di una regola, e ogni qualvolta venisse a mancare questa rispondenza, egli era pronto ad intervenire per integrare la normativa ufficiale.
Negli anni seguenti l’ortografia adottata nelle scuole prussiane venne gradualmente fatta propria anche dall’editoria e nel 1892 il Vollständiges Orthographisches Wörterbuch der deutschen Sprache di Duden fu ammesso in Svizzera su decisione del governo.
Di lì a qualche anno si sarebbe tenuta una seconda conferenza ortografica, i cui effetti sarebbero stati, però, molto più incisivi e duraturi.
1.5 LA SECONDA CONFERENZA ORTOGRAFICA
Dal 17 al 19 giugno del 1901 si tenne a Berlino la II Conferenza Ortografica (II. Orthographische Konferenz), il cui scopo dichiarato era il raggiungimento di un’ortografia unificata della lingua tedesca. Duden aveva fatto in modo che lo Stato tedesco avesse a disposizione un congruo inventario ortografico, ciò che mancava era ancora una regolamentazione valida e diffusa in tutti i Paesi di lingua tedesca. Vi era, soprattutto, il problema legato allo «scollamento fra scuola e burocrazia42 »: a conclusione del ciclo scolastico, per chi avesse voluto dedicarsi alla carriera in ambito amministrativo era necessario riconvertire la propria grafia sulla base di nuove e differenti norme.
Contrariamente alla conferenza del 1876, questa volta non si sarebbero incontrati solo esperti linguisti, bensì anche rappresentanti delle istituzioni. Partecipanti furono: Duden, Wilmanns, inviati dei Länder tedeschi, del Ministero degli Interni e degli Esteri, rappresentanti dell’industria dell’editoria. Questi due giorni di discussioni portarono ad un lavoro di regolamentazione sotto molti punti di vista reazionario, e le incoerenze non mancarono di certo. I partecipanti alla conferenza decisero, infatti, di:
- respingere la regola di Heyse, che non farà più la sua comparsa fino alla riforma del 1996;
- mantenere le numerose possibilità per evidenziare la lunghezza di una vocale;
- non sistematizzare le regole di scrittura delle parole straniere, della Groß- und Kleinschreibung e della Getrennt- und Zusammenschreibung. In questi ambiti verranno esplicitati solo casi singoli;
- permettere la separazione dei digrammi <sp, pf, tz>, ma non di <st>;
- non sostituire i digrammi <ph, rh, th> con <f, r, t> in parole di origine straniera (greca e latina);
- non regolamentare l’uso della punteggiatura.
Vennero, invece, introdotte le seguenti novità:
- la sostituzione di <th> con <t> in tutte le parole tedesche, a prescindere dalla posizione del digramma all’interno della parola;
- l’ulteriore sostituzione di <c> con <k> e <z> nelle parole straniere ormai assimilate.
Importante è notare che a fungere da base per l’unificazione ortografica fu la Schulorthographie prussiana. Vennero così tenute in considerazione gran parte delle proposte di von Raumer, Willmanns e Duden, il che portò la nuova ortografia a svoltare in direzione del principio fonologico.
Dopo questa conferenza verrà raggiunto lo scopo dell’unificazione dell’ortografia della lingua tedesca, di certo non quello della sua semplificazione. Per questo bisognerà aspettare la riforma del 1996.
1.6 I TENTATIVI DI RIFORMA DEL VENTESIMO SECOLO
Il 1902 vide l’affermarsi della nuova regolamentazione: nel mese di febbraio essa divenne obbligatoria per tutte le scuole in territorio austriaco e nel luglio dello stesso anno anche per quelle svizzere. Infine, il 18 dicembre il parlamento tedesco votò l’introduzione delle nuove regole ortografiche in tutte le istituzioni del regno a partire dal gennaio 1903.
Sempre nello stesso anno apparve la settima edizione del dizionario di Konrad Duden, che in parte teneva conto della nuova regolamentazione ortografica. Rimase la possibilità di scrivere alcuni termini in due modi (ad es. Accent/Akzent, Civilist/Zivilist, Chicane/Schikane, im stande/imstande, in stand setzen/instandsetzen), ma l’abbondanza di varianti contrariò non poco le amministrazioni statali e le case editrici.
Di conseguenza, nel 1903 – su richiesta dell’industria editoriale – Konrad Duden diede alle stampe la Rechtschreibung der Buchdruckereien deutscher Sprache, detta “Buchdrucker-Duden”. In questa opera Duden adottò nella maggior parte dei casi una scrittura unificata (Akzent, Zivilist, Schikane, imstande, instand setzen, in bezug auf 43 ), mentre le varianti vennero sensibilmente ridotte (ad es. Hilfe/Hülfe, Comptoir/Kontor). Questo dizionario permise quindi a Duden di portare a compimento le idee che erano rimaste abbozzate nella settima edizione del suo Rechtschreibwörterbuch.
Purtroppo, però, il problema delle varianti continuò a resistere alle soluzioni: nel 1907 comparve la seconda edizione del Buchdrucker-Duden, la quale tornò a registrare varianti bavaresi e austriache, oltre a termini stranieri che apparivano nella grafia sia alloglotta sia autoctona. Questa volta venne, però, effettuata la distinzione tra le varianti ortografiche, nella misura in cui queste furono classificate come appartenenti ad un linguaggio elevato oppure ad un linguaggio di uso quotidiano. Alcune varianti vennero eliminate: rimasero, ad esempio, solo Hilfe e Komptor.
Dopo la morte di Duden – sopraggiunta nel 1911 – il suo Vollständiges Orthographisches Wörterbuch der deutschen Sprache e il Buchdrucker-Duden vennero unificati in un solo dizionario uscito nel 1915 (Duden, Rechtschreibung der deutschen Sprache und der Fremdwörter, 9. Auflage) per evitare concorrenza anche all’interno della medesima sigla editoriale. Questa nona edizione del dizionario consolidò la legittimazione del Duden come unico precettore dell’ortografia tedesca. Da questo momento in poi, difatti, l’Istituto Bibliografico (Bibliographisches Institut), detto successivamente Dudenverlag (Duden Editore), cominciò ad occuparsi in modo indipendente della questione ortografica, diventando negli anni un forte punto di riferimento per questioni legate alle regolamentazione dell’ortografia.
Negli anni precedenti la dittatura nazionalsocialista vi furono molti altri tentativi di correzione delle norme ortografiche, e non solo da parte della casa editrice Duden. Molti individui, che – come vedremo – ricoprivano cariche istituzionali, fecero le loro proposte, tutte indirizzate verso una semplificazione della regolamentazione, il cui caposaldo fu soprattutto una più stretta corrispondenza fonema-grafema. Questa esigenza era avvertita sempre di più a causa dell’aumento repentino dell’alfabetizzazione.
Intanto, dopo la fine della guerra, nel 1920 la Commissione delle Scuole del Regno chiese che venisse avviata una riforma fonetica dell’ortografia. Si propose che non venisse più espressa la lunghezza vocalica, se non per differenziare tra loro gli omofoni, e si invitò ad adottare un sistema ortografico che facesse corrispondere ad ogni fonema uno e un solo grafema (quindi <ei> per [ai], <k> per [k], <z> per [ts], <x> per [ks], <f> per [f], il che avrebbe implicato l’adozione delle seguenti scritture: Keiser, Karakter, Pazient, Eidexe, Fater). Venne richiesta, inoltre, l’eliminazione della scrittura maiuscola per i sostantivi, se non all’inizio di frase o nei nomi propri. Queste proposte si scontrarono con l’opinione pubblica e rimasero, quindi, inapplicate.
Nel 1924, ad Olten (Svizzera), fu fondato il Bund für vereinfachte rechtschreibung, il quale presentò un programma col quale si richiese soprattutto l’uso generale della scrittura minuscola (tranne che per nomi propri e all’inizio di frase). Questa associazione non è mai decaduta, e oggi è la più antica su tutto il territorio di lingua tedesca a occuparsi di questioni ortografiche.
Qualche anno dopo, nel 1931, l’associazione degli insegnanti di Lipsia (Leipziger Lehrerverein) pubblicò un piano di riforma dal titolo “vereinfacht die rechtschreibung!”. Le modifiche più radicali proposte furono le seguenti:
- l’adozione dell’ Antiqua 44 come tipo di scrittura;
- la scrittura minuscola per tutti i sostantivi;
- la sostituzione dei grafemi <ph, th, rh, y, ch> con <f, t, r, i, k>;
- l’eliminazione di tutte le modalità per segnalare la lunghezza o la brevità vocalica;
- la separazione di una parola a fine di riga come richiede lo spazio a disposizione;
- la sostituzione di <v> con <f>, <ß> con <s>, <x/chs> con <ks>, <qu> con <kw>, <ä> con <e>, <äu/eu> con <oi>, <ei> con <ai>, <z> con <ts>, <sch> con <∫>, <ng> con <ŋ>.
Come è facile notare, venne richiesto l’abbandono del principio storico e l’adozione incondizionata del principio fonologico.
Nello stesso anno l’Associazione degli Editori Tedeschi pubblicò il cosiddetto Erfurter Rechtschreibungsprogramm. Con questo programma si propose:
- l’eliminazione di tutte le varianti doppie di scrittura;
- la precedenza della Getrenntschreibung sulla Zusammenschreibung [45] ;
[...]
1 Scheuringer, Hermann , Geschichte der deutschen Rechtschreibung. Ein Überblick. Mit einer Einführung zur Neuregelung ab 1998. Schriften zur diachronen Sprachwissenschaft 4.Wien (Edition Praesens), 1996, pag. 15.
2 Il sistema vocalico latino – che si fondava sulla possibilità di esprimere la lunghezza vocalica – entrò in crisi nel periodo imperiale per lasciare spazio alla distinzione tra apertura e chiusura vocalica.
3 Schmidt, Wilhelm, Geschichte der deutschen Sprache, Ein Lehrbuch für das germanistische Studium, 9. Auflage, Stuttgart: Hirzel Verlag, 2004, p. 192.
4 Schmidt, Wilhelm, Geschichte der deutschen Sprache, Ein Lehrbuch für das germanistische Studium, 9. Auflage, Stuttgart: Hirzel Verlag, 2004, pp. 254-259.
5 Ancora nei secoli XIV-XV il punto e la barra obliqua (/) servono ad indicare le pause ricorrenti nella lettura. A partire dal 1400 il punto e il punto e virgola indicano sempre più spesso la fine di una frase, mentre la barra obliqua e la virgola – dal 1500 – dividono tra loro le proposizioni di una frase.
6 Weddige, Hilkert, Mittelhochdeutsch, Eine Einführung, 5. Auflage, München: C.H.Beck Verlag, 2003 , p. 12.
7 Von Polenz, Peter, Deutsche Sprachegeschichte, vom Spätmittelalter bis zur Gegenwart, Band I. Einführung. Grundbegriffe – Deutsch in der frühbürgerlichen Zeit, Berlin – New York: de Gruyter, 1991, p. 186.
8 Gutenberg, Johannes (1400-1468). Tipografo tedesco, inventore della tipografia a caratteri mobili. Dopo alcuni saggi composti a Magonza tra il 1445 e il 1450, egli – deciso a sfruttare commercialmente il procedimento messo a punto – iniziò la composizione della cosiddetta Bibbia Mazarina (1455). Dopo il fallimento della società costituita con il socio J. Fust l’opera fu stampata e posta in commercio da quest’ultimo.
9 Lima, Elvira, La riforma contestata – Itinerari storici dell’ortografia tedesca, Palermo: Flaccovio Editore, 2001, pag. 40.
10 tm. Gott < atm. got.
11 Schmidt, Wilhelm, Geschichte der deutschen Sprache, Ein Lehrbuch für das germanistische Studium, 9. Auflage, Stuttgart: Hirzel Verlag, 2004, pp. 303-304, 307.
12 Fabian Frangk (1489-1538), linguista tedesco attivo in Slesia.
13 Di Meola, Claudio, La Linguistica Tedesca – Un’introduzione con esercizi e bibliografia ragionata, 2004, Roma: Bulzoni Editore, pag. 42.
14 Garbe, Burckhard (Hg.), Die deutsche rechtschreibung und ihre reform, 1722-1974, pp.1-6. “L’ortografia è una scienza che permette di scrivere correttamente le parole di qualsiasi lingua secondo tutti i pezzi che la compongono”.
15 “La pronuncia non è nient’altro se non l’ usus loquendi o l’abitudine di come si parla. Questa regola fondamentale vuole che si scriva come si parla”.
16 Il tempo può valere come prima prova per questa affermazione, in quanto è innegabile che l’uomo abbia parlato ancora prima di scrivere, e quindi è giusto che, scrivendo, ci si basi sul parlato.
17 È necessario concentrarsi sulla derivazione in quanto questa differenzia tra loro molte lettere, che nella pronuncia presentano il medesimo suono e che, quindi, non sono riconoscibili con assoluta certezza dalla sola pronuncia.
18 Come si vedrà nel secondo capitolo, questo principio verrà ripreso dalla riforma ortografica appena varata in tutti i Paesi di lingua tedesca.
19 L’analogia permette – quando ci si trova di fronte a dei modelli di ortografia provenienti da processi di declinazione, comparazione, coniugazione, derivazione e composizione – che si possano scrivere molte altre parole aventi medesime formazione e pronuncia allo stesso modo.
20 “tutti i territori di lingua tedesca – a prescindere dai loro dialetti – dovranno uniformarsi facendo in modo di scrivere basandosi non sulla propria pronuncia, bensì su quella della regione il cui dialetto si è conquistato la fama di essere il migliore. A questo si deve aggiungere che la regione che potrà rivalersi di tale diritto sarà quella che avrà prodotto il maggior numero di buoni scrittori e che avrà fatto lo sforzo maggiore per rendere la propria lingua corretta, bella e piacevole. […] Per tali motivi il dialetto cosiddetto sassone superiore gode di un certo prestigio in caso di dubbi legati all’ortografia”.
21 Gottsched, Johann Christoph, Vollständigere und Neuerläuterte Deutsche Sprachkunst, Leipzig: Breitkopf, 1762, pp. 62-99 (riproduzione 1969, Hildesheim: Georg Olms Verlag). Trad: “Dopo una consonante non si aggiungano doppie consonanti, bensì solo una semplice. Ad esempio in werffen, schaerffen, Hertzen, schertzen, Schmertzen, tantzen, schantzen, kuertzen, wircken e Wercken tutti gli <ff>, <ck> e <tz> sono in sovrappiù, in quanto non li si sente pronunciare; […] Dopo una vocale breve si devono scrivere due consonanti, in quanto lo richiede la pronuncia. Se così non si facesse, sarebbe come scrivere Saaz, Bliez, Wiez, Schuuz. […].
22 Nel caso in cui nella radice di una parola una vocale breve tonica sia seguita da una sola consonante, la brevità della vocale viene espressa con il raddoppiamento della consonante stessa.
23 Adelung, Johann Cristoph, Umständliches Lehrgebäude der Deutschen Sprache, Zweiter Band, Leipzig: Breitkopf, 1782, pp. 629-647 (§2-§7), (riproduzione 1971, Hildesheim: Georg Olms Verlag), p. 642. “Da ciò ora deriva il principio fondamentale della scrittura di tutte le lingue: scrivi come parli, in quanto la scrittura dovrebbe presentare all’occhio umano le denominazioni dei concetti seguendo i semplici suoni; quindi, [la scrittura] non deve presentare all’occhio nessun altro suono che non si senta veramente, e non deve rappresentarli in nessun altro modo, se non come si percepiscono effettivamente. Questa è in un certo qual modo la legge di natura. […] Io ritengo che la legge scrivi come parli stia alla base della scrittura di tutte le lingue, e non pretendo molto, in quanto questa [la legge] è una immediata conseguenza della più alta e unica intenzione della scrittura”.
24 Tale aggettivo verrà scritto in questo modo fino alla riforma del 1996, che introduce lo Stammprinzip.
25 Von Polenz, Peter, Deutsche Sprachgeschichte, vom Spätmittelalter bis zur Gegenwart, Band III – 19. und 20. Jahrhundert, 1999, Berlin – New York: de Gruyter, pag. 232.
26 Grimm, Jacob, Vorrede. In: Deutsches Wörterbuch von Jacob Grimm und Wilhelm Grimm. Erster Band: A-Biermolke, Leipzig: Hirzel Verlag, 1854, pp VIII-IX. “Negli ultimi tre secoli l’ortografia tedesca ha ostentato una tale incostante e vergognosa incoerenza, come mai in qualsivoglia altra lingua, e non c’è nulla di più difficile del sanare questo stato di cose”.
27 tm. weh < atm. wê, wêhe; tm. ziehen < atm. ziehen; tm. Mohn < atm. mâhen; tm. Gemahl < atm. gemahel.
28 tm. Lohn < atm. lôn; tm. wahr < atm. wâr; tm. gibt < atm. gibet; tm. viel < atm. vil..
29 Sein – sia come verbo essere sia come aggettivo possessivo – deriva dall’alto tedesco medio sîn; la preposizione in e il pronome accusativo maschile ihn hanno origine dall’atm. in; wieder e wider derivano pure dall’atm. wîder (solo nel XVII secolo verrà, infatti, introdotta la scrittura innovativa wieder).
30 Citazione tratta da: Lima, Elvira, La riforma contestata, pag. 67. Trad.: “Questa scrittura non solo offende l’occhio e rende più faticoso lo scrivere e la stampa, ma impedisce anche la diffusione della nostra letteratura all’estero”.
31 Garbe, Burckhard (Hg.), Die deutsche rechtschreibung und ihre reform, 1722-1974, Tübingen: Niemeyer, 1978, pp. 63-66. “Ogni dissertazione riguardo l’ortografia deve partire dalla relazione tra la lingua parlata e la lingua scritta, tra il suono e il segno”.
32 Garbe, Burckhard (Hg.), Die deutsche rechtschreibung und ihre reform, 1722-1974, Tübingen: Niemeyer, 1978, pag. 64. “La scrittura può ora seguire due strade. O non si preoccupa per niente dei cambiamenti della pronuncia e rimane immota al suo posto o cerca di soddisfare la mutata pronuncia adattando i segni grafici ad essa. La prima possibilità possiamo chiamarla scrittura s t o r i c a, la seconda in senso stretto scrittura f o n e t i c a .“
33 Garbe, Burckhard (Hg.), Die deutsche rechtschreibung und ihre reform, 1722-1974, Tübingen: Niemeyer, 1978, pag. 66. “Metti d’accordo la tua scrittura e la tua pronuncia”.
34 I due termini qui citati derivano rispettivamente dall’ atm. sal e ber.
35 Questi altri due termini derivano sempre dall’atm. wal e enbërn.
36 Nell’alto tedesco medio questi due lessemi erano rispettivamente zil e vil. Questi sei termini erano privi di vocale lunga in epoca medioevale, poi un processo di allungamento vocalico che ha coinvolto le vocali brevi all’interno di sillaba tonica e aperta (atm. vane > tm. Fahne) si è ripercosso anche su questi termini in quanto monosillabici e con forme flesse che posizionavano la vocale a fine di sillaba (ad es. sg. tac > pl. tage).
37 Garbe, Burckhard (Hg.), Die deutsche rechtschreibung und ihre reform, 1722-1974, Tübingen: Niemeyer, 1978, pp. 73-79. “La lingua difatti non è mai ferma, come un organismo vivente. Cambia ininterrottamente secondo determinate leggi che le sono innate, come gli organismi in natura, come la pianta e l’animale. Come può comportarsi, quindi, la scrittura a fronte di tali cambiamenti? Sembra assolutamente ovvio che segua i cambiamenti della lingua; la scrittura deve riprodurre la lingua parlata secondo i suoi suoni”.
38 “Il principio fonologico – originariamente l’unico esistente – è stato notevolmente circoscritto da quello storico; non ha potuto essere completamente eliminato. Se ciò succedesse, la scrittura perderebbe il carattere fonetico, diventando così una scrittura concettuale, in quanto le lettere che non indicano più alcun suono smettono di essere ciò che dovrebbero essere, ossia segni fonetici”.
39 “Tale scrittura etimologica ha in comune con la scrittura concettuale il fatto che oltre la fedele riproduzione del suono, essa vuole semplificare la comprensione: rappresenta per l’occhio qualcosa che l’orecchio non percepisce”.
40 Tale regola, come vedremo, sarà introdotta dalla riforma ortografica entrata in vigore nel 1996.
41 Garbe, Burckhard (Hg.), Die deutsche rechtschreibung und ihre reform, 1722-1974, Tübingen: Niemeyer, 1978, p. 115. “Il ministero prussiano ha – per quanto gli sia stato possibile – fatto in modo di evitare la frammentazione nell’ambito ortografico. Giungere ad un accordo con tutti gli stati tedeschi non è in suo potere. Solo i singoli governi possono decidere sull’ortografia adottata nelle loro scuole. Alcuni si sono già uniformati all’accordo tra Prussia e Baviera, speriamo che gli altri non si tirino indietro”.
42 Lima, Elvira, La riforma contestata – Itinerari storici dell’ortografia tedesca, Palermo: Flaccovio Editore, 2001, pag. 75.
43 Termini che rimarranno quasi tutti invariati fino alla riforma del 1996, dopo la quale si avranno in Bezug auf, imstande/im Stande, instand/in Stand.
44 Nel XV sec., accanto alle diverse forme della scrittura gotica, comparvero due nuovi tipi di scrittura, l’Antiqua e la Fraktur (frattura). Quest’ultima deriva da una variante della scrittura gotica, la cosiddetta Bastarda; l’Antiqua, al contrario, è una scrittura proveniente dall’Italia che fu perfezionata dagli scrittori umanisti, e che si poggia su forme di scrittura più antiche. In epoca moderna si è imposta gradualmente nell’editoria tedesca.
45 Come si vedrà più avanti, questa proposta sarà fatta propria dalla Kultusministerkonferenz e diventerà uno dei punti più discussi e criticati dell’ultima riforma ortografica.
- Quote paper
- Mario Beppato (Author), 2006, La riforma ortografica tedesca del 1996. L'ultimo capitolo di un lungo e discusso processo, Munich, GRIN Verlag, https://www.grin.com/document/286689
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