“La reale conquista della scienza e della tecnologia moderna consiste nel prendere delle persone normali, nell’instruirle a fondo in un settore limitato e quindi nel riuscire, grazie a un’adeguata organizzazione, a coordinare le loro competenze con quelle di altre persone specializzate, ma ugualmente normali. Cioè di fare a meno dei geni” (?!). La domanda da porsi su quanto appena affermato è: 'alla nostra epoca è indispensabile creare dei geni superspecializzati oppure gestire le risorse umane nel modo speciale così che corrispondono efficientemente alle richieste contamporanee della società'? Qualunque sia il mondo in cui viviamo, anche se non è il migliore possibile, è tuttavia molto probabile, che sia il migliore dei mondi esistiti finora. Pertanto il modo di formare dei quadri dirigenti, dovrebbe focalizzarsi su una formazione adeguata, - e cioè di sapere cosa, come, sapere fare e sapere essere -, in ogni ambiente ed in ogni circostanza. Ma, per l’evoluzione sociale è sufficiente solo l’orientamento verso la prassi di una formazione speciale senza dare importanza al ‘background’ delle teorie? E qual è il tipo della formazione adeguata e su quali teorie dovrebbe essere basata, per riuscire a sviluppare uno dinamico profilo professionale di dirigenza ‘alla’ leaderhip? La flessibilità necessaria per far fronte alle sfide della società del presente, spinge i sistemi sociali, verso una maggiore delega di responsabilità alle imprese ( aziende, istituti scolastici, organizzazioni private e publiche ecc), con una ridistribuzione del potere decisionale. Questa riconfigurazione interessa tutti i livelli del sistema sociale ed economico di cui l’educazione è parte, - dalla struttura organizzativa generale, ai meccanismi decisionali, all’organizzazione pedagogica, ai programmi d’insegnamento, ad attività diverse, alla gestione del personale, fino alla valorizzazione delle risorse materiali e umane-. Il processo in atto, non è tuttavia una semplice revisione della 'mappa della decisionalità': questa evoluzione implica anche la definizione di ruoli e professioni nuove, in grado di progettare, condurre e gestire gli ambiti delle loro competenze: la società contamporenea, come un’impresa verticalizzata, ha bisogno di veri e propri leader.
Indice
PREMESSA
1. DALL’ORGANIZZAZIONE AL LAVORO ED ALLA FORMAZIONE DEGLI ADULTI : UN APPROCCIO STORICO
1.1 Umanità, rivoluzioni industriali e organizzazione
1.1.1 Dall’Empirismo di Locke alla Burocrazia di Weber
1.2 Bisogni Umani e la scala di Maslow
1.3 Nascita della Formazione degli adulti e vita professionale
1.4 Sociologia del lavoro e organizzazione secondo Taylor
2. COMUNICAZIONE SAPERE ED INTERAZIONE
2.1 Epistemologia, relazioni sociali e conoscenza
2.2 Comunicazione pragmatica, Scuola di Palo Alto e strategie
2.2.1 Principi della comunicazione
2.3 Erving Goffman e l’approccio dell’interazione
2.4 Individualizzazione e Socializzazione ‘formativa’
3. DIRIGENZA E MODALITÀ DI GESTIONE
3.1 Gruppo di lavoro e teoria del campo di Kurt Lewin
3.2 Il concetto di Management
3.3 Fondamenti della Leadership
3.3.1 I ruoli del leader nei gruppi di lavoro
3.3.2 Il ‘problem solving’ è strategia?
3.4 Tipologie e stile di leadership
3.4.1 La Leadership situazionale
3.4.2 La Leadership empowering
3.5 Management o Leadership? I parametri dei due ruoli
3.6 Dall’ombra alla luce : La Leadership Educativa
4. L’INSEGNAMENTO/APPRENDIMENTO ORGANIZZATIVO
4.1 Formatore e discenti per Leadership
4.1.1 L’'Andragogia' vs la Pedagogia?
4.2 Conoscenza, Esperienza, Intelligenza secondo Popper, Piaget e Kolb
4.3 Il processo motivazionale e il modello di Herzberg
4.4 L’apprendimento trasformativo
4.4.1 Il bilancio delle Competenze
4.5 Progettazione e Valutazione didattica
4.6 L'approccio alla valutazione delle prestazioni
4.6.1 Errori da evitare
4.6.1.1 L’errore sistematico
5. ORIENTAMENTI OPERATIVI DELLA FORMAZIONE
5.1 Sistemi di formazione alla collaborazione
5.2 Formazione permanente
5.2.1 Fomazione integrata
5.3 Formazione degli adulti con tecnologie avanzate
5.3.1 E-learning per la Leadership
5.4 La leadership educativa nell’ottica della Comunità Europea
CONCLUSIONI
BIBLIOGRAFIA
mini...CV
PREMESSA
“ La reale conquista della scienza e della tecnologia moderna consiste nel prendere delle persone normali, nell’instruirle a fondo in un settore limitato e quindi nel riuscire, - grazie a un’adeguata organizzazione -, a coordinare le loro competenze con quelle di altre persone specializzate, ma ugualmente normali. Cioè di fare a meno dei geni.” (?!)
J.K. GALBRAITH[1]
La domanda da porsi su quanto appena affermato è: 'alla nostra epoca è indispensabile creare dei geni superspecializzati oppure gestire le risorse umane nel modo speciale così che corrispondono efficientemente alle richieste contamporanee della società'?
Qualunque sia il mondo in cui viviamo, anche se non è il migliore possibile, è tuttavia molto probabile, che sia il migliore dei mondi esistiti finora. Pertanto il modo di formare dei quadri dirigenti, dovrebbe focalizzarsi su una formazione adeguata, - e cioè di sapere cosa, come, sapere fare e sapere essere -, in ogni ambiente ed in ogni circostanza. Ma, per l’evoluzione sociale è sufficiente solo l’orientamento verso la prassi di una formazione speciale senza dare importanza al ‘background’ delle teorie? E qual è il tipo della formazione adeguata e su quali teorie dovrebbe essere basata, per riuscire a sviluppare uno dinamico profilo professionale di dirigenza ‘alla’ leaderhip?
La flessibilità necessaria per far fronte alle sfide della società del presente, spinge i sistemi sociali, verso una maggiore delega di responsabilità alle imprese ( aziende, istituti scolastici, organizzazioni private e publiche ecc), con una ridistribuzione del potere decisionale. Questa riconfigurazione interessa tutti i livelli del sistema sociale ed economico di cui l’educazione è parte, - dalla struttura organizzativa generale, ai meccanismi decisionali, all’organizzazione pedagogica, ai programmi d’insegnamento, ad attività diverse, alla gestione del personale, fino alla valorizzazione delle risorse materiali e umane-. Il processo in atto, non è tuttavia una semplice revisione della 'mappa della decisionalità': questa evoluzione implica anche la definizione di ruoli e professioni nuove, in grado di progettare, condurre e gestire gli ambiti delle loro competenze: la società contamporenea, come un’impresa verticalizzata, ha bisogno di veri e propri leader.
Il termine 'leader in educazione' allora, prende qui un’accezione ampia, che comprende aspetti di gestione, pedagogici, relazionali e finanzari. Non si tratta perciò, di una figura unicamente amministrativa ma di una figura in cui sono combinate diverse funzioni che implicano l’interpretazione della realtà esterna e la creazione di una supervisione sociale; ed inoltre, di una figura ‘educativa’, che contribuisce alla comprensione e alla soluzione di difficoltà e di problemi del campo professionale a fronte della tematica aziendale di un' Istituto scolastico, - mettendo in pratica la sua flessibilità 'formativa' e le sue competenze -, con attività ben' organizzative e soprattuto, mediante una gestione strategica di risorse umane e materiali, in favore dello sviluppo collettivo.
1 DALL’ ORGANIZZAZIONE AL LAVORO ED ALLA FORMAZIONE DEGLI ADULTI: UN APPROCCIO STORICO
1.1 Umanità, rivoluzioni industriali e organizzazione
Sin dal seicento, Francesco Bacone (De Masi, 1989, p.59) sottolinea che “gli uomini hanno il sacro dovere di organizzarsi per migliorare e per trasformare le condizioni di vita”. Dalla storia dei popoli si vede che, - con la necessità di combinare gli sforzi delle persone per raggiungere un risultato-, nasce l’organizzazione; dall’organizzazione nasce il bisogno di gestione delle persone e delle risorse esistenti; dalla gestione nasce il diritto e la necessità della dirigenza attraverso la suddivisione di compiti e di responsabiltà alle persone o agli gruppi. Da questo punto cominciano i problemi relazionali, di potere, di autonomia, di formazione e così via.
Seguendo la linea cronologica della storia allora, possiamo delineare il concetto di organizzazione, iniziando dalle società antiche che si sono formate e organizzate in modi diversi, via via che le scoperte e le forme tecnologiche si sono sviluppate:
- Le società di cacciatori e pescatori: (=> gruppi sociali circoscritti, ove il lavoro era suddiviso in base all’età e al sesso);
- Le società agricole: (=>gruppi sociali più vasti che addomesticano gli animali e coltivano la terra)
- Le società imperiali antiche: (Incas, Fenici, Cinesi, Greci, Romani => fanno uso di schiavi e incrementano la divisione del lavoro);
- Le società feudali: (=> si sviluppano attorno alle entità del “castello” o del “monastero” che in cambio esigono parte del prodotto);
- I liberi comuni: (=> corporazioni professionali con attività artigianali e organizzazione sociale che favorisce gli scambi, facendo nascere il “mercato”)
Come appare da questa classificazione, l’evoluzione delle prime società è in interpendenza con la filosofia dell’organizzazione, quindi tutte le entità sociali succitate non potevano funzionare, se non avevano acquisito l’idea della struttura organizzata.
L’effetto del capitalismo mercantile (=> cioè del trasferimento di merci da un paese all’altro) e la creazione delle prime fabbriche (=> con l’utilizzo dell’energia dell’acqua e del vapore), costituiscono l’inizio della prima rivoluzione industriale creando i presupposti per la proletarizzazione della forza lavoro. Alcuni avvenimenti modificano radicalmente i rapporti di produzione, come l’abolizione della schiavitù, e la sostituzione dell’energia umana con l’energia naturale nel processo di produzione che introduce l’interazione uomo-macchina. La concentrazione del lavoro nelle 'fabbriche' e la conseguente urbanizzazione dei lavoratori, comincia a richiedere semplici forme organizzative, e quindi divisione dei compiti, coordinamento e controllo dei lavoratori da parte del proprietario che si faceva aiutare da personale di fiducia con prevalenti compiti di controllo. Così nasce il 'proletariato' che è una classe sociale nel sistema di produzione e la cui forza di lavoro deriva dal padrone dell’impresa e si quantifica con il compenso salariale. Questo ‘stile’ di organizzazione in Europa durerà circa due secoli ed è all’origine della nascita dei movimenti rivoluzionari.
Secondo i due filosofi che anticipano la società industriale, Bacone e Cartesio, il lavoro deve basarsi su una teoria applicabile anche nella vita pratica, che permetta di considerare la qualità delle cose dal loro grado di utilità, per riuscire a sviluppare un tipo di conoscenza che non sia mera saggezza, ma vera ‘potenza intellettuale e pratica’, attraverso progetti grandiosi[2] e complessi per l’epoca, riguardanti la trasformazione degli uomini tramite la formazione (De Masi, 1989, p.59)
L’invenzione del telegrafo e le innovazioni nell’ambito dei processi produttivi meccanici, elettrici e chimici verso la fine del 1800 sono parte della seconda rivoluzione industriale durante la quale, - almeno in alcuni settori industriali nei quali si modificano le fonti energetiche -, l’organizzazione diventa anche più articolata e specializzata, perché nascono funzioni di ricerca, commerciali, amministrative ecc.
Così, negli Stati Uniti, in Inghilterra, in Germania, in Giappone e in Italia, la ricerca dell’efficienza interna porta una radicale revisione dei principi organizzativi che fino ad allora avevano retto le strutture produttive. Questi paesi cercano spesso, ognuno per sè, la strada dell’industrializzazione attraverso ‘la complicità’ fra impresa e Stato, per superare il divario con i paesi più avanzati. In realtà, i modelli organizzativi solo nel dopoguerra conducono ad una marcata diversificazione culturale che sfocerà anche in forme differenziate di relazioni industriali e di politiche di rapporto con il territorio.
L’introduzione dell’informatica ha modificato – e sta ancora modificando- l’organizzazione, i metodi decisionali e le strategie stesse delle aziende. Si tratta della terza rivoluzione industriale di cui le caratteristiche più significative dal punto di vista organizzativo sono la diminuzione dei livelli gerarchici e l’aumento delle informazioni disponibili. Si crea pertanto una realtà diversa con una serie di nuove figure professionali che devono essere specializzate, attente ai nuovi tipi di business e ai bisogni e alle esigenze sociali.
1.1.1 Dall’Empirismo di Locke alla Burocrazia di Weber
J. Locke, fondatore dell’empirismo critico e teorico del liberalismo, nel 1690 (De Masi, p.104), sottolinea nel suo ‘Secondo trattato sul governo civile’, che il valore economico delle materie prime, dipende direttamente dal lavoro ed essendo questo il presupposto del potere, pone le basi della liberalizzazione del mercato e dell’economia politica, determinando i limiti del potere dei governanti e il rispetto dei diritti del uomo. Il famoso ricercatore, arriva a formulare la sua teoria, basata sulla conoscenza che deriva dall’esperienza emotiva, nel senso che l’esperienza è focalizzata sulla riflessione e sulla emozione/percezione. Secondo il filosofo, lo Stato determina le relazioni sociali ed economiche mediante l’istituzione delle regole/norme che favoriscono o complicano l’organizzazione delle condizioni significative della vita umana. Locke è stato felicemente definito un 'progressista prudente' e, come si è detto, la moderazione appare effettivamente la chiave di tutta la sua filosofia.
Max Weber due secoli dopo, facendo una distinzione più sintetica della gestione dall’organizzazione, separa il potere dal dominio e crea la teoria burocratica, le cui norme non sono state ancor oggi superate. Secondo la sua teoria, il potere è la possibilità di far valere la propria volontà in qualunque contesto e qualunque sia l’abilità, mentre il dominio è anch’esso la possibilità di far valere la propria volontà, ma riguarda un oggetto specifico, il quale vuole o è obbligato di obbedire per:
- tradizione
- legalità (norme, leggi, regole scritte, cariche ufficiali)
- carisma (figura carismatica è il ‘dirigente’ competente che cerca la migliore soluzione per la sua azienda anche nella peggiore situazione)
Il modello della burocrazia secondo l’ottica di Weber, è l’unico strumento di misura, che può far fronte alle esigenze della società dell’inizio del ventesimo secolo, presentando un tipo di organizzione secondo dei criteri autoritari e chiari.
I principi dell’organizzazione burocratica sono i seguenti:
- Gerarchia dei dipendenti a piramide
- Sistema di comunicazione verticale
- Divisione del lavoro fondata sulla specializzazione
- Ordinamento di regole scritte e di norme sui diritti e doveri
- Classificazione ben definita di procedure per lo svolgimento dei compiti.
Ma, ormai siamo arrivati al modello dell’impresa post-industriale e il modello buricratico succitato non appare soddisfare i bisogni attuali. Nuovi interventi sono entrati nella scena sociale e influiscono il mercato sociale, educativo ed economico nel campo dell’amministrazione e dell’uso delle materie prime e della valorizzazione delle risorse umane. Gli incentivi, le caratteristiche peculiari, le nuove condizioni e le incertezze del mercato del lavoro sono parte della vita in ‘tempi moderni’. Il ruolo di chi lavora ne sarà certamente influenzato e perciò deve essere ben indirizzato con una congrua formazione ed aggiornamento multidirezionale.
1.2 Bisogni umani e la scala di Maslow
A monte però dell’organizzazione e della formazione, si trovano alcuni bisogni umani che devono essere soddisfatti. Maslow nel 1954 (Courau, 1994, p.108) è l’ideatore della “teoria dei bisogni umani”, che ha lo scopo di meglio prevedere e comprendere le motivazioni presenti nel comportamento degli uomini, per riuscire arrivare ad una produttività pari alle loro capacità.
Egli parte dalla premessa che la motivazione (la quale a sua volta produce un comportamento) nasce da una tendenza di ordine più generale a soddisfare determinati bisogni.
Egli afferma inoltre, che alcuni tipi di bisogni sono qualitativamente differenti da altri e sono determinati dal contesto sociale e culturale in cui si trova l’individuo. Dal livello più basso a quello più alto essi sono:
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Figura => S. Courau, 1994, p.108)
- bisogni fisiologici o di sopravvivenza;
sono situati all’inizio della gerarchia e si tratta dei bisogni fondamentali, come la necessità di cibarsi, di vestirsi, di dormire ecc. Le persone che si limitano a questo livello di bisogni hanno spesso lavoro qualsiasi.
- bisogni di sicurezza e di autoprotezione;
immediatamente dopo il soddisfacimento dei bisogni cui sopra, ci sono quelli che riguardano la sopravvivenza e l’autoconservazione nel lungo periodo. La sicurezza, ad esempio, del posto di lavoro, della casa, della salute ecc. Le persone che si accontentano di questo livello di bisogni hanno un lavoro stabile.
- bisogni di appartenenza o socialità;
riguardano l’esistenza di un ambiente sociale gradevole e la persona va alla ricerca di relazioni affettive con altre persone e cerca di conquistare un posto (una posizione, un ruolo) in un gruppo. Gli uomini che hanno il bisogno di appartenere ad un gruppo e di essere accettati, hanno spesso un lavoro che li porta a contatto con altre persone (ad es. Turismo, vendita ecc)
- bisogni di stima o di riconoscimento;
la soddisfazione di questi bisogni produce prestigio, rispetto di sé, potere, controllo, stima e comportano l’aspirazione ad un riconoscimento sociale del proprio status. Questi bisogni hanno portato alla creazione di nuove aree professionali che consentono un’organizzazione superiore, una proggettazione ed una partecipazione da parte della dirigenza. Gli individui che si collocano a questo livello di bisogni hanno spesso un lavoro legato allo status con carriera e riconoscimento sociale.(p.es. quadro dirigenziale del settore pubblico)
- bisogni di auto-realizzazione;
Esprimono il desiderio di appagamento dell’Io e riguardano l’aspirazione ad un lavoro che abbia una dimensione psicologica interiore e che si basi su motivazioni personali e su obiettivi predeterminati dall’individuo. La persona, quindi, soddisfa questi suoi bisogni e l’autorealizzazione non è altro allora che il desiderio di diventare quello che si è in grado di diventare, con i mezzi che si ha a disposizione e che vengono usatti a proprio vantaggio.
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Figura dagli appunti sull’atteggiamento/comportamento, del Professore Rugiero
Secondo la scala dei bisogni del Professor Rugiero, l’ordine gerarchico di questi bisogni stabilisce anche l’ordine di priorità nella loro soddisfazione. Ci sono allora bisogni inferiori (primari) e superiori. Chi non ha ancora soddisfatto un bisogno collocato ad un dato livello non prova alcun interesse per soddisfare il bisogno che sta al livello più alto e certamente la qualità della loro soddisfazione dipende dai fattori sociali, economici, culturali ed educativi che si collegano direttamente a fattori di sviluppo personale. Lo sviluppo personale favorisce lo sviluppo collettivo dal momento che l’individuo participa volontariamente ad un gruppo e cerca volontariamente di avere rapporti significativi con gli altri soggetti sociali per soddisfare le sue aspettative.
Cioè per non immobilitarci ai primi livelli della scala di Maslow e per arrivare alla migliore soddisfazione dei bisogni superiori (=> di stima e di autorealizzazione), è necessario creare dei programmi d’istruzione adeguati al fine di passare da un livello all’altro di bisogni in modo efficiente e ‘formativo’[3].
1.3 Nascita della formazione degli adulti e vita professionale
Etimologicamente, il verbo ‘formare’ significa ‘dare forma’, o configurare in sembianze ordinate ciò che non ha ordine e configurazione.
Nel campo dell’evoluzione della società, l’adultità è estimata, come età di maggior durata della vita umana e costituisce una tematica significativa che sembra far emergere diversi segnali, di cui l’interpretazione è molto complessa e multidirezionale.
Nel percorso del svolgimento culturale e storico, l’età adulta, è stata considerata come l’età del sapere, dell’esperienza, della norma, della cognizione, orientata attorno ad altri parametri come la flessibilità, l’inderdipendenza, l’innovazione continua. Il passaggio da una società intenzionalmente produttiva ad una società tendenziamente comunicativa è un fenomeno che non possiamo ignorare. Siamo in presenza quindi di una rottura epistemica del significato di adulto. I parametri biologici, sociologici, psicologici, pedagogici e professionali influiscono il cambiamento del concetto di‘adultità’. Il loro valore va a cambiare radicalmente i diversi metodi e teorie della formazione e dello sviluppo, richiedendo agli studiosi e agli adulti stessi, un processo di ripensamento sulle concezioni dell’evoluzione personale e sociale e sui modelli di apprendimento adulto.
La pluralità di identità per l’individuo è una necessità di sopravvivenza nella complessità dell’evoluzione tecnologica della società attuale. Questa pluralità richiede ad ogni adulto l’assunzione di sguardi molteplici sul mondo, collocati sui diversi livelli socio-relazionali della vita.
L’educazione degli adulti, però, non è un’invenzione del questo secolo, ma il seguito di un’esperienza di cui i popoli europei sono stati promotori di una istituzionalizzazione, come ben dimostrano i paradigmi storici. Primi i Greci hanno portato nella prassi la necessità della formazione di soggetti adulti, già intorno al quarto secolo a.C., mediante i tre maggiori filosofi, Socrate, Platone e Aristotele[4], che ‘insegnavano’ nel mercato antico[5] di Atene, dialogando sui problemi attuali dell’epoca e usando magistralmente il metodo della dialettica[6]. La loro filosofia, potrebbe definirsi ‘pratica’, tratta il problema della Vita, dello Stato e della Società, sviluppando un’argomentazione che intende cogliere la vita effettiva dell’uomo, (la sua ‘prassi’) con il pensiero meditato. La formulazione della piccola ma completa frase dei Greci antichi ‘eu prattein’, che significa ‘agisci bene’[7] è il nucleo di questa filosofia, che si presenta come una dottrina dell’azione, ma di un’azione, collegata al’‘etos[8] ’ ed alla prudenza (fronesis). Implicitamente il suo contenuto concorre ancor oggi alla problematica dell’educazione in generale ed è parte significativa della formazione degi adulti.
Approfondendo l’argomento, possiamo 'vedere' nella storia della formazione adulta, caratteristiche significative che sono in rapporto alle culture antropologiche ed etnografiche. Una buona ricerca sulle scienze sociali, politiche ed economiche ‘porta alla luce’ i sistemi/modelli formativi degli adulti.
Un’ulteriore ricerca ci porta, perttanto, ad una riflessione globale, scientifica ed universale, utile per ribadire il riferimento agli studi ed alle ricerche di famosi scienziati come Knowles, che primo ha sottolineato la diversificazione delle caratteristiche nell’insegnamento/ap-prendimento tra adulti e bambini, con la sua teoria dell’Andragogia.
Ci sono allora vari fattori che implicano lo sviluppo dell’età adulta e per estensione, il funzionamento della vita socio-professionale:
- Fattori fisico-biologici basati sulle condizioni sociali che rispondono alla creazione dei sentimenti interpersonali e relazionali.
- Fattori temporali e geografico-spaziali, focalizzati sulla propria esperienza, che influiscono la nascita di diverse forme gerarchiche di tipo socio-economico, culturale ed educativo.
- Fattori politico-economici basati sull’organizzazione delle varie strutture delle società, che delineano la richiesta attuale per cui, la conoscenza permanente in tutto l’arco della vita, è la prospettiva educo-professionale, contemporanea, propongono un nuovo modello di formazione, quello del ‘long life learning’.
- Fattori scientifici concentrati sulle teorie e sulla pratica educativa quotidiana, che facilitano e favoriscono lo sviluppo della conoscenza e della coscienza-consapevolezza adulta.
Pertanto, “Il continuo rinnovamento, che invade ogni campo lavorativosollecita una visione prospettica del mercato del prodotto con la conseguente necessità di dover contare su risorse umane rinnovabili ovvero su intelligenze che siano in grado di saper ideare il nuovo e, contemporaneamente, su adetti alle lavorazioni(operai) capaci di affrontare la ‘mobilità’[9] ”. (Cavalieri M.P., 2005 p.27)
1.4 Sociologia del lavoro e organizzazione secondo Taylor
Uno ricercatore di problemi organizzativi del lavoro, ha dato una risposta dinamica alle esigenze professionali e sociali degli adulti. Si tratta di Frederick W. Taylor (1865-1915) ed alla sua teoria detta 'scientific management' ancor oggi si fanno risalire i principi tradizionali della situazione dell’uomo durante il lavoro.
Una risposta fondamentale alle esigenze professionali e sociali degli adulti, - che derivano dalla situazione del campo di lavoro-, è quella di un ricercatore di problemi organizzativi dei primi anni del secolo, il quale ha dato vita al concetto di organizzazione.
Taylor allora, presenta i quattro principi generali che costituiscono i meccanismi organizzativi. L’obiettivo secondo la sua visione, è la necessità di una trasformazione radicale, non solo dei metodi produttivi, ma anche dell’intera struttura organizzativa della fabbrica e dei rapporti fra direzione e manodopera.
I quattro principi sopra detti, possono essere così formulati:
- Ricerca sul rapporto delle caratteristiche del lavoratore con la ‘macchina’ per individuare il migliore metodo lavorativo.
- Istruzione scientifica della manodopera.
- Studio scientifico sul campo relazionale (di stima e di cordiale collaborazione) tra direzione e manodopera.
- distribuzione uniforme del lavoro e della responsabilità tra amministrazione e manodopera addetta alla produzione.
Alla base di tutto, seconda questa teoria esiste sempre un metodo unico ('one best way') che è migliore per risolvere problemi o compiere azioni di qualunque genere. L’adozione di criteri scientifici nello studio di tutti gli aspetti relativi all’organizzazione del lavoro trova la sua giustificazione appunto nella necessità di ricercare questo metodo, e quindi di adottarlo rigorosamente scartando tutti gli altri metodi. Dipende dal 'cultural gap'[10] tra le ragioni sottese alla vechia organizzazione industriale e le esigenze urgenti della nuova organizzazone post-industriale la ricerca del metodo adeguato.
Secondo Taylor allora, “la monotona e alienante ripetitività dell’ organizzazione parcellizzata costituiva solo un passaggio temporaneo e obbligato, che, - riducendo il lavoro umano alla norma del lavoro meccanico-, avrebbe permesso prima e poi di scaricarlo sulle macchine, liberando il lavoratore dalla sua condanna, dando a lui il diritto della ricezione diverse iniziative participando direttamente in questo modo, alla gestione delle risorse umane ed alla produzione. Oggi il sogno di Taylor è molto vicino alla sua realizzazione”. (Massi A, 1999, ‘Il futuro del lavoro’, p. 230). Così, non appare strano che questo tipo di principi del lavoro, - applicati nel campo industriale già all’inizio del secolo precedente fino agli anni ’40/’50 -, possono inoltre essere applicati nel campo dell’educazione, cambiando l’oggetto macchina con il soggetto adulto/discente, avendo lo scopo di attuare l’instruzione socio-professionale rispettando le richieste attuali ed le aspettattive personali e professionali, mediante una ‘trasformazione’ nel campo della formazione[11] degli adulti.
2. COMUNICAZIONE, SAPERE ED INTERAZIONE
2.1 Epistemologia, relazioni sociali e conoscenza
C’è un implicito modo di vedere i valori in senso comune, nella nostra cultura, che proviene dai bisogni umani e che riguarda i linguaggi comuni, attraverso i quali comunichiamo nella nostra vita non professionale, e che non sono perfetti ed il linguaggio della scienza (della nostra vita professionale) che deve essere perfetto, per essere assolutamente concreto e comprensibile da tutti nello stesso modo (come se ciò fosse possibile) e perciò oggettivo.
Durante una formazione professionale allora, la frase ‘ spiegare intersoggettivamente’, significa rendere esplicito ciò che è implicito, cioè, il discorso della scienza deve essere razionale e rappresentato nel modo trasparente, completamente argomentativo. Questa è la distinzione fra linguaggio comune e linguaggio scientifico e bisogna agire e decidere su questa distinzione, che ha alla sua base l’assunzione che sia possibile, osservando i presupposti concettuali. Partendo dall’interpretazione nel campo dell’apprendimento degli adulti si arriva al successo di un progetto educativo di tipo professionale.
Nelle comunicazioni e relazioni sociali, allora, si rappresenta l’autorità della verità oggettiva e l’implicito delle conoscenze individuali e collettive’. La combinazione di questi due aspetti, nonchè la loro interpretazione, concorre al cosiddetto ‘problem solving’. Tanto più una conoscenza è oggettiva, tanto più è vera.
A tutto ciò si aggiunge l’opacità delle relazioni sociali, la non lucidità dei significati e dei significativi, che sono compresi nella comunicazione, creando dell’ambiguità, la vita ‘improbabile’ e le sue condizioni imprevedibili.
Così, alla base di ogni teoria, c’è una verità implicita. Baudelaire nei suoi 'Fiori di male', ritiene che ‘il buono’ ed ‘il male’ sono tutti e due attributi principali della natura umana e dipende dai diversi parametri esterni ed interni, quale dei due diverrà dominante. Inoltre, le famose citazioni ‘non vedere di non vedere’ e ‘non sapere di non sapere’ esprime l’incertezza dello stato mentale, la quale, in rapporto con le condizioni esterne, le circonstanze interne ed il ‘backgroud’ dei soggetti, conduce alla rappresantazione o allla pseudo-rappresantazione della realtà. Quante volte non impariamo o non vediamo qualcosa perché non abbiamo l’intenzione, il bisogno e la motivazione di impararlo o vederlo? Questa condizione ci consente di scegliere il tipo di relazione e di conoscenza con il mondo e con gli altri e di produrre, adulterare o cancellare l’interazione e l’aquisizione del sapere. Goffman, d’altra parte sostiene che l’immagine sociale, è lo specchio personale sul quale gli altri possono vedere questa immagine che creiamo e desideriamo offrire nel campo dell’interazione e che abbiamo intenzione di proporre nella scena sociale
Secondo l’ottica della teoria dell’interazionismo simbolico di Herbert Blumer, gli individui sono visti come gli artefici attivi della propria condotta, coloro che valutano, interpretano, definiscono e progettano le loro azioni, più che soggetti passivi colpiti da forze esterne, come sottolinea anche il ruolo dei processi attraverso i quali, gli individui prendono le decisioni e formano le proprie opinioni.
Parlando allora di epistemologia e con questo termine indicando la teoria che si occupa di studiare la conoscenza e che risponde alla domanda “che cosa è il sapere?”, non è possibile non far riferimento a Piaget che considera questa scienza come lo studio del passaggio dagli stati di minore conoscenza ai quelli di conoscenza più avanzata.
Molte delle teorie della conoscenza, delle metodologie e delle riforme educative, vivono nell’illusione che ciò che conta possa e debba essere esplicitato all’inizio, come condizione del buon esito di ciò che il cervello umano può fare. Ma quanto più qualcuno, per funzione, ruolo, vocazione e così via, è messo al comando di un progetto, tanto più tende a chiedere a se stesso di poter ‘controllare’ sin dall’inizio in maniera esplicita i passi successivi del progetto e del processo. La fase dell’apprendimento non può esistere ed è impossibile insegnare qualcosa ad un adulto, quando non è sufficientemente pronto a participare direttamente a questa procedura organizzata con cura e non ha l’intenzione di communicare positivamente ed interagire con gli altri partecipanti.
2.2 Comunicazione pragmatica – Scuola di Palo Alto – e Strategie
La prima elementare definizione di comunicazione è: “trasferimento delle informazioni da un emittente ad un ricevente”; questa definizione è formalizzata nel 1949 da Shannon e Weaver, due scienziati americani che pubblicano il volume “Teoria matematica della comunicazione”.
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[...]
[1] De Masi D., (1999) “Il futuro di lavoro”, p.97
[2] Il sogno di Cartesio era di far costruire un college royal con grandi sale, laboratori con strumenti meccanici diversi e professori competenti destinati all’insegamento di ciascuna arte, dedicati al pubblico.
[3] Formativo nel doppio senso della parola, possiamo dire...formativo => costitutivo, sostanziale e formativo=> mediante la formazione...
[4] Aristotele è il filosofo che ha fatto la distinzione fra gli termi : 'forma' e' materia' (=> 'hyle'), definindo gli oggetti e il mondo animato come un insieme (=> synolo) il cui è costitito dalla forma unita alla materia, e tale sarebbe l’uomo, come essere critico nella sua sostanza.
[5] Centro (=>culturale, commerciale e spirituale) della vita quotidiana
[6] La definizione della dialetica potrebbe essere : tesi (=> critica posizione verbale), antitesi (=>contraposizione verbale argomentativa) e sintesi (=>induzione deduttiva)
[7] Nel senso pensare bene a agire bene
[8] Nel senso della moralità sociale
[9] Nel senso dell’abilità spirituale, che deve esser in mobilità costante per poter affrontare le novità
[10] È un meccanismo istintuale che blocca l’accesso dei cambiamenti sociali con diffidenza. Inltre è la negazione di sincronizzazione degli eventi del passato con il presente. (De Masi, 1999, p. 54)
[11] “Il concetto di capitale, in senso economico, ha subito un radicale rinnovamento per cui oggi esso non costituisce più l’agodella bilancia in quanto è stato sostituito dal capitale intellettuale, vale a dire dalla disponibilità di un sapere che non è più riservato ad uno gruppo privilegiato, ma estesso a tutta la collettività”. (a cura di Cavalieri M.P., Tolordova J. 2005, p.84)
- Quote paper
- Sofia Triantafyllou (Author), 2006, Dal management alla Leadership in Educazione, Munich, GRIN Verlag, https://www.grin.com/document/229416
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